“I dazi Usa impatteranno, tenendo conto anche degli effetti indotti, su quasi tutti i settori dell’economia italiana, con una perdita a livello aggregato di valore aggiunto nell’ordine di tre decimi di punto percentuale”. Lo ha indicato la presidente dell’Ufficio parlamentare del bilancio (Upb) Lilia Cavallari in audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulDocumento di finanza pubblica. “In termini di occupazione l’effetto è quantificabile in circa 68mila occupati totali in meno”, calcola l’Autorità dei conti pubblici. A risentirne maggiormente, secondo le simulazioni dell’Upb, “sarebbero i settori farmaceutico, attività estrattive, automotive, prodotti chimici, attività metallurgiche e fabbricazione di macchinari, tutti mediamente più esposti verso gli Stati Uniti come mercato di sbocco o con dazi più elevati. Ne risentirebbero però anche le imprese di servizi professionali, quali quelli della pubblicità, della progettazione immobiliare e della gestione del personale”.
Su Pnrr progressi ma anche ritardi, rischio per tempi
Oltre ai timori sull’effetto dei dazi, l’Upb ha messo in guardia anche sull’utilizzo dei fondi Pnrr. Nel mirino dell’Ufficio parlamentare del bilancio è finito in particolare lo stato di attuazione del Pnrr, che “mostra progressi significativi ma anche ritardi che potrebbero comprometterne la piena realizzazione nei tempi dovuti”. “Dalle informazioni disponibili in ReGiS all’8 aprile 2025, emerge che è stato attivato il 95% della dotazione finanziaria complessiva e che la spesa sostenuta ammonta a 64,1 miliardi (33%), di cui 27,3 miliardi relativi a Superbonus e crediti d’imposta. Nel restante periodo di attuazione dovrà essere conseguita quasi la metà del totale delle milestone e dei target, mentre la spesa da effettuare rappresenta circa due terzi della dotazione complessiva”.
Con differimento spesa Pnrr -0,3 punti sul Pil 2026
Un altro rischio incombente per l’economia italiana evidenziato dall’Upb riguarda una possibile ricaduta negativa pari a -0,3% sul Pil 2026 – pur seguita da un balzo di 8 decimi nel 2027 – per effetto di un differimento della spesa già programmata dei fondi Pnrr. Nel caso in cui una ”frazione della spesa in conto capitale attualmente prevista per l’attuazione dei progetti del Pnrr nel 2026, pari a 10 miliardi di euro (7 miliardi per investimenti lordi, 3 miliardi per contributi agli investimenti)“ venga posticipata al 2027, ha spiegato Cavallari alle commissioni, ”l’effetto stimato rispetto allo scenario di base sulla crescita del Pil è di un calo di 3 decimi di punto nel 2026, di un balzo nel 2027 di 8 decimi e di una nuova riduzione nel 2028”, spiega l’Upb, aggiungendo che “la somma degli scarti dalla previsione di base è sostanzialmente nulla sull’intero periodo, quindi la crescita cumulata nel 2028 è uguale a quella della simulazione di base”.
Ufp poco trasparente: «Fornisce quadro limitato»
In un altro passaggio dell’audizione, la presidente dell’Upb ha criticato la scarsa trasparenza delDfp. “Nel Dfp le informazioni in merito ai fattori sottostanti la previsione tendenziale di finanza pubblica non sono complete. Gli elementi che determinano il quadro previsivo del conto economico delle Amministrazioni pubbliche sono discussi solo a livello aggregato, senza fornire dettagli importanti per una valutazione approfondita delle dinamiche previste”, ha sottolineato Cavallari.
“In merito alle previsioni per il 2028, inoltre, il Dfp riporta solo alcune informazioni: il deficit si attesterebbe al 2,3% del Pil, in linea con l’obiettivo del Psb, ed è previsto un leggero aumento – non quantificato – per la spesa per interessi; proseguirebbe il consolidamento dell’avanzo primario (”oltre il 2 per cento del Pil”) grazie al contenimento della spesa primaria corrente e alla stabilità degli investimenti pubblici”, spiega l’Upb. Inoltre, “secondo il documento, per la conferma di alcune politiche in scadenza alla fine del 2025 sarebbero necessari 1,3 miliardi nel 2026 e 2,4 miliardi nel 2027 ma non si specifica quali siano le misure che il governo potrebbe confermare. Il quadro informativo disponibile al Parlamento e all’opinione pubblica risulta, così – evidenzia l’Upb -, limitato, rendendo poco agevole valutare pienamente gli sviluppi previsti”.