Sono passati poco più di tre mesi dal 12 marzo, giorno in cui il gruppo Miroglio ha rilevato Trussardi dal Fondo QuattroR. L’azienda bergamasca, nata nel 1911 come produttore di guanti ed evolutasi in un brand lifestyle del cosiddetto lusso premium, era da circa un anno in fase di procedura di composizione della crisi presso il tribunale di Milano. Al gruppo piemontese fanno capo 30 società e quattro stabilimenti in 22 Paesi e, oltre a Trussardi, conta nove marchi: sei per Miroglio Fashion (Elena Mirò, Oltre, Motivi e altri) e tre della joint venture con il gruppo turco Ipekyol. La scelta di rilevare Trussardi ha radici non tanto nella voglia di affermarsi come “cavaliere bianco”, ma in quella di sviluppare il futuro del marchio del levriero secondo un piano preciso. Lo spiega Alberto Racca, ceo di Miroglio Group dal 2019 e ora ceo di Trussardi.

Perché avete scelto di rilevare il marchio del levriero?

Abbiamo visto un grande spazio nella fascia premium, che il lusso ha abbandonato alzando i prezzi del 70% dal pre Covid. Trussardi è un marchio autorevole, con un heritage forte e di qualità. La seconda ragione è che è un marchio credibile oltre la moda, grazie a una serie di partner di alto livello.

Cosa non ha funzionato nella parabola di Trussardi ?

Premetto che arrivo dal mondo del restructuring, ma il mio non vuole essere un giudizio sull’operato altrui, quanto la messa a fuoco di errori da non ripetere. Nella vicenda Trussardi ha inciso una molteplicità di fattori tra cui emerge la prevalenza, in alcuni momenti, di visioni molto di breve periodo. In altri periodi, invece, c’è stato un eccesso di individualismo di alcuni stilisti che ha oscurato sia un l’heritage sia i desideri del cliente. E, infine, la struttura organizzativa era tarata su momenti di crescita, ma è diventata un peso quando il mercato è cambiato.

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