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Home » Troppi stimoli e attenzione labile, brand e clienti nell’era della pigrizia
Finanza

Troppi stimoli e attenzione labile, brand e clienti nell’era della pigrizia

Sala NotizieBy Sala Notizie22 Giugno 20255 Mins Read
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«La gentilezza è un’arma potente e mai superata». Parola di Superman, uno dei più longevi supereroi, classe 1933 e archetipo di colui che fronteggia il male con abilità straordinarie. In un mondo segnato dal caos questo simbolo di resilienza torna sul grande schermo e nelle campagne dei brand. In vista della première del prossimo 11 luglio, il colosso americano delle assicurazioni Progressive, sessantaduesimo posto nella Fortune 500 e ricavi per più di 22 miliardi di dollari nel primo trimestre dell’anno, ha deciso di indossare i panni di Superman per dimostrare il suo impegno nel garantire la sicurezza dei servizi, la velocità di risposta, l’accuratezza nelle soluzioni. L’obiettivo è semplificare la vita del cliente rendendogliela più semplice. Così i superpoteri vengono utilizzati nei confronti di un cliente connesso, annoiato, insofferente agli stimoli. Una delle funzionalità dell’app rileva incidenti gravi, interviene per assicurarsi lo stato di salute, invia soccorsi e avvia persino una richiesta di risarcimento. Una velocità (quasi) sovrumana.

Acquisti senza attrito

Benvenuti nell’economia emergente della pigrizia che riscrive consumi e campagne. Siamo sempre meno propensi a darci da fare per intercettare prodotti, servizi, messaggi. La pigrizia, grazie a tecnologie performanti e personalizzate, diventa il principale competitor della battaglia per l’attenzione di un consumatore instabile, ma anche il più prezioso alleato per favorire nuove propensioni all’acquisto. McKinsey evidenzia come si richiedano sempre più semplicità, rapidità e intuitività nell’esperienza digitale, confermando l’avanzata dei modelli frictionless, ossia senza attrito. Un concetto coniato da Kevin Roose sul New York Times. La tendenza a semplificare l’impatto della tecnologia fa sì che viviamo una bulimia di acquisti digitali, spesso senza rendercene conto. È l’avanzata dei brand invisibili per il tecnologo americano William Ammerman. Intanto il rapporto Consumer Markets Trends 2025 di PwC segnala che il 67 % dei leader del settore consumer punta sull’intelligenza artificiale per potenziare l’esperienza d’acquisto, ridurre le frizioni e soddisfare la domanda crescente di automazione e fluidità nelle interazioni. Il 36% delle aziende afferma di adottare già l’Ai generativa in molti ambiti. La generazione Z rimodella le aspettative, considerando i propri dati personali come valuta di scambio per esperienze iperpersonalizzate e per uno shopping senza attriti: c’è però bilanciamento con la privacy, segnata dal 48% del campione come priorità. «Il consumatore digitale cerca la massima comodità con il minimo sforzo. L’abitudine al “tutto e subito” ha reso ogni frizione un ostacolo insopportabile. Il valore si misura sempre più in termini di tempo risparmiato e semplicità d’uso», afferma Giulio Finzi, retail leader per Intarget e docente di e-commerce all’Università Cattolica di Milano. Si incrementano anche i rischi per coloro che sono connessi e distratti. «L’esperienza senza attrito riduce la soglia di attenzione e aumenta il rischio di acquisti impulsivi, truffe o condivisione inconsapevole di dati sensibili. Gli utenti devono vigilare sulla trasparenza dei processi, sull’identità dei venditori e sull’uso dei propri dati personali, specialmente le fasce meno digitali», dice Finzi.

L’avanzata degli agenti

È il tempo degli agenti nell’Ai che diventano coach a portata di smartphone, assistenti personali nello scrolling infinito per favorire nuovi bisogni. Amazon, Google e Shopify sono tra i player più avanzati nell’uso di agenti per raccomandazioni, assistenza e personalizzazione. Zalando ha sviluppato un assistente conversazionale, Sephora un beauty coach Ai che consiglia, impara e personalizza. «Il futuro appartiene a chi integra l’Ai non solo nei processi, ma nell’esperienza d’acquisto. Le aziende devono ripensare il customer journey in chiave predittiva e automatizzata. Gli agenti Ai – veri personal shopper – semplificano le scelte, spostando il potere d’acquisto dagli utenti alle interfacce. Per le imprese significa ridefinire le strategie di conversione ed essere pronte per il marketing BtoMachine, cioè mirato a influenzare un Ai e non un umano», conclude Finzi. Gli agenti trasformano i brand in presenze non solo attive, bensì proattive. McKinsey stima che entro il 2030 oltre il 60% delle interazioni sarà mediato da agenti autonomi. «In America cresce l’adozione di agenti nei consumi, mentre in Europa domina ancora un approccio più esplorativo. I giovani preferiscono flussi personalizzati, i senior assistenza semplificata. Ma il minimo sforzo è la regola trasversale, più che l’età. D’altronde siamo in overload cognitivo: troppi stimoli, poco tempo, attenzione frammentata. La pigrizia non è mancanza di volontà, ma una risposta adattiva. Vincere significa eliminare attriti, anticipare bisogni e ridurre al minimo il pensiero decisionale. Il comfort vince sul confronto. L’Ai diventa l’interfaccia comoda della nostra stanchezza», sostiene Fabio Lalli, autore di “Spatial Shift” per Egea. L’eccesso di comodità riduce la soglia critica: accettiamo cookie, contratti, condizioni senza pensarci o leggere cosa c’è scritto. I rischi? «Privacy, manipolazione, dipendenza da raccomandazioni opache, rinnovi di abbonamenti senza consapevolezza, i famosi dark pattern. Il tema è culturale: allenare l’intelligenza situazionale in un mondo dove tutto sembra già deciso per noi è centrale», dice Lalli. Intanto cambiano le modalità di fruizione andando oltre il touch. Si tratta di un’interazione spaziale che si sposta “out-of-screen”: è il mercato della realtà mista fatto da lenti smart, gesti tech della mano e voci sintetiche. «La realtà mista elimina l’interazione attiva tradizionale: niente click niente swipe. L’informazione arriva nello spazio, contestuale e aumentata. Si guarda, si parla, si ottiene. Apple Vision Pro, Meta Quest e tutti i visori e occhiali che stanno cominciando ad uscire, o soluzioni come Brilliant Labs, integrano gesti e voce in esperienze immersive. L’interfaccia diventa invisibile e il comportamento più passivo e guidato. Dobbiamo rimanere vigili perché l’aumento della noia da realtà è dietro l’angolo», conclude Lalli.

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