Il tonno in scatola rimane un prodotto molto amato dagli italiani: è acquistato dal 96% delle famiglie che ne apprezzano praticità e comodità (58,6%), con quasi il 40% che lo sceglie come valida alternativa al pesce fresco o alla carne (AstraRicerche). Anche per questo il comparto delle conserve ittiche sta riuscendo ad affrontare un periodo difficile, che ha avuto il picco negli scorsi anni soprattutto a causa degli alti costi delle materie prime, dallo stesso tonno passando per le quotazioni record dell’olio d’oliva, fino alla lamiera e della bolletta energetica. Il tutto senza dimenticare l’impegno sulla sostenibilità e in un periodo in cui la crisi e l’inflazione hanno costretto gli italiani a tagliare le quantità di spesa messa nel carrello.

I dati 2023 comunicati dall’Ancit (Associazione Nazionale Conserve Ittiche e delle Tonnare che rappresenta un settore da oltre 1.500 addetti)registrano ancora una contrazione dei volumi su base annua, ma i numeri – dopo la crescita del biennio 202o-2021, complice una spesa che puntava su scorte a lunga conservazione – si stanno riallineando con i livelli del 2019, a conferma della tenuta dei consumi. Secondo Ancit si tratta di «un’onda lunga di assestamento, che si auspica possa avere termine nel 2024 per una nuova ripartenza del settore».

Più nel dettaglio, nel 2023 la produzione nazionale di tonno in scatola si è attestata su 73.581 tonnellate (-4,9% sul 2022 e -0,9% sul 2019), «con un volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano di 143.250 tonnellate (-4,9% sul 2022), che ha alimentato circa 2,42 kg di consumo pro capite», comunicano da Ancit. A valore, il giro d’affari è stato di 1,67 miliardi (+8% sul 2022 e +26,3% sul 2019) . Le esportazioni hanno raggiunto quota 27.926 tonnellate (+8,6% dal 2019).

Il settore conserviero ittico – che comprende anche sgombri, acciughe sott’olio e sottosale, sardine, salmone in scatola – rispecchia quello delle conserve di tonno, con consumi a volume in calo sul 2022 (-5,9% con 18,3 mila tonnellate) ma non distante dai livello del 2019 (-3,8%).

«Il mercato si sta riposizionando rispetto al pre-Covid – commenta Giovanni Battista Valsecchi, presidente di Ancit -. Il 2023 non è stato un anno facile per il comparto delle conserve ittiche, con uno shock inflazionistico che ha generato una perdita dei volumi sui mercati. In particolare, il costo dell’olio d’oliva, ingrediente alla base della ricetta della tradizione, desta preoccupazione: le avversità del cambiamento climatico, dalla siccità agli agenti patogeni, si riflettono sul calo delle produzioni con conseguente incremento del suo prezzo. Ma al di là delle difficoltà che il mercato sta vivendo (e che riguardano più in generale l’ambito dell’andamento del mercato del food e dell’alimentare preconfezionato), ci conforta sapere che, rispetto al 2019 (dopo i picchi registrati nel 2020-2021), i consumi a volume sono rimasti sostanzialmente stabili e che, nel frattempo, l’industria è andata avanti nella direzione di nuovi prodotti e dell’innovazione. Siamo di fronte ad una fase di assestamento che non ha ancora trovato un suo punto di caduta definitivo, per un auspicato rilancio del comparto. L’andatura del mercato nazionale si conferma anche nell’export, in corso di assestamento con valori comunque superiori al 2019. Il punto di caduta rispetto al 2019 è comunque positivo».

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