È incostituzionale la legge della Regione Campania che consente al presidente della Giunta regionale uscente che ha già svolto due mandati consecutivi di candidarsi per un terzo. Lo ha sancito la Corte costituzionale, dopo la camera di consiglio svolta oggi pomeriggio. “Il divieto del terzo mandato consecutivo opera per tutte le Regioni ordinarie, dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del presidente della Giunta regionale”.
L’articolo 1 della legge della Regione, ricostruisce la Consulta, “dopo avere previsto che non è immediatamente rieleggibile alla carica di presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, (a)i fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Ma proprio inserendo questo inciso, sottolinea la Corte Costituzionale, la Regione “ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo” posto dallo Stato con la legge numero 165 del 2004, “così violando l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”.
“Esiste chiarezza del dato normativo” per cui è evidente che la legge statale stabilisce “il divieto o limite del terzo mandato” e pertanto se un presidente di Regione “ha conseguito due mandati consecutivi, non può concorrere a una terza elezione”, ha sottolineato l’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino. “Il principio di democraticità richiede anche la tutela del fisiologico ricambio” della leadership politica al governo delle Regioni e “il limite del terzo mandato pone un freno al prolungarsi dell’esercizio di potere da parte della stessa persona” ha rilevato l’avvocato dello Stato Eugenio De Bonis.
La reazione, De Luca: “Straordinaria performance giuridica dell’Alta Corte”
“Accolta una tesi strampalata, progettata in udienza, che ha fatto inorridire autorevoli costituzionalisti. La buona notizia è che ci sarà molto lavoro per gli imbianchini. Si dovrà infatti cancellare in tutte le sedi giudiziarie del Paese la scritta: la legge è uguale per tutti” commenta sarcastico a caldo il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca.
Il retroscena: la Corte Costituzionale gli impedisce, sì, di correre per la presidenza, ma non – ad esempio – di scendere in campo con una sua lista (se ne ipotizza persino il nome, “A testa alta”), a sostegno di un nome di sua stretta fiducia.
Vale solo per le Ragioni ordinarie e non per quelle a Statuto speciale
La sentenza della Corte costituzionale che vieta il terzo mandato fa specifico riferimento alle Regioni ordinarie. Non riguarda, invece, le Regioni a Statuto Speciale, come il Friuli-Venezia Giulia. Questa regione, infatti, avendo competenza legislativa esclusiva in materia, potrebbe legiferare prevedendo invece un terzo mandato per il presidente in carica.
Zaia: “Ipocrisia, la sentenza riguarda la sola Campania e cela motivazioni politiche”
“Siamo di fronte a un Paese che, in alcune delle proprie norme, vive nell’ipocrisia. La sentenza, di natura tecnica, riguarda la Regione Campania. Letta la nota sintetica della Corte Costituzionale, in attesa del testo completo, non posso esimermi da alcune prime considerazioni” dice il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia (la regola vale anche per lui). “Senza entrare nel merito dei tecnicismi della legge campana, la Corte chiarisce che chi ha già ricoperto due mandati consecutivi non può candidarsi per un terzo. Si tratta, appunto, di un rilievo tecnico” aggiunge Zaia. “C’è però un ulteriore elemento da approfondire. La Corte afferma nella nota che questo principio si applica a tutte le Regioni che si sono dotate di una legge elettorale. A questo punto, la domanda che sorge è: cosa accade nelle Regioni che non l’hanno adottata?”.