Allerta ieri sui cieli di Taiwan per il lancio di un satellite cinese, niente di straordinario se non fosse che il Paese è in fibrillazione per le elezioni di sabato prossimo, le più incerte della storia recente dell’Isola.
A dare l’allarme la Difesa di Taipei nel pomeriggio di martedì 9 gennaio, con la richiesta di segnalare qualsiasi oggetto o frammento piovuto giù dal cielo. Quando i media statali cinesi hanno riferito che un razzo Long March 2C che trasportava un satellite è stato lanciato dal centro di lancio satellitare di Xichang, nella provincia sud-occidentale del Sichuan, gli animi dall’altra sponda dello Stretto si sono scaldati.
«Il satellite è entrato con successo nella sua orbita predeterminata e la missione di lancio è stata un completo successo», hanno detto fonti ufficiali cinesi. Taiwan ha tradotto la parola satellite dal cinese in inglese “un missile”, il che ha innescato l’ansia, poi il dietro-front per la scelta “imprecisa” delle parole.
Ma è comprensibile che ci sia tensione, l’Isola sceglierà il suo prossimo leader e il nuovo Parlamento e la competizione tra il partito DPP al potere da otto anni e il rivale nazionalista Kuomintang è acerrima. Una vittoria, la terza consecutiva, dei primi è auspicabile per mantenere dalla propria un partner disponibile come gli Usa nello sforzo di respingere la Cina, il che metterebbe a dura prova i legami con il governo del presidente Xi Jinping. Una vittoria dei competitor del Kuomintang allenterebbe le tensioni con Pechino, riportando Taiwan nell’orbita dialogante.
La presidente Tsai Ing-wen ha avvertito a novembre che Taiwan, una democrazia di circa 23 milioni di persone, deve far fronte a “crescenti intimidazioni militari, campagne di zona grigia, attacchi informatici e manipolazione delle informazioni” da parte della Cina. Nel 2016, il mancato riferimento al principio Una Cina nel discorso di insediamento innescò il gelo. Poi le frizioni dell’agosto 2022 quando Pechino ha tenuto importanti esercitazioni militari intorno all’Isola perchè Tsai aveva accolto in delegazione la speaker del Congresso americano di allora, Nancy Pelosi. Stare sulla difensiva è diventato normale e basta anche un pallone meteorologico ad alimentare la guerra di nervi.