Pochi giorni e poco utilizzati. Si potrebbe riassumere così la situazione dei congedi di paternità in Italia. Ad oggi la legge italiana garantisce 10 giorni obbligatori e uno facoltativo solo per i padri lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, retribuiti al 100%, fruibili tra i due mesi precedenti e quelli successivi al parto. Al congedo obbligatorio si aggiunge la possibilità di utilizzare dieci mesi facoltativi che i due genitori possono dividersi fino ai 12 anni di età del bambino. Il Family Act di maggio del 2022 impegnava già, entro il 12 maggio 2024, a prevedere un periodo di congedo obbligatorio per il padre lavoratore «significativamente» superiore, «un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all’altro genitore per ciascun figlio» nonchè ad estendere il congedo alle altre categorie di papà lavoratori, gli autonomi e i liberi professionisti. Al momento, però, non ci sono novità a riguardo e l’Italia resta sotto la media europea che garantisce 2,2 settimane ai neopapà.
Quanti padri usufruiscono del congedo?
I giorni concessi sono pochi quindi, ma resta anche basso in Italia l’utilizzo del congedo di paternità: nel 2022, secondo i dati Inps, 173.223 papà hanno fruito del congedo obbligatorio, l’11% in più rispetto all’anno precedente, più del triplo rispetto al 2013. Tuttavia, la quota di chi lo utilizza è solo il 64% dei potenziali beneficiari e occorrerebbe, quindi, un’azione a livello culturale. Inoltre, sarebbe necessario allargare la platea, rendendo il congedo obbligatorio, universale e paritario come succede in altri Paesi europei. Esistono vari disegni di legge in proposito e l’estensione di questo strumento è già prevista nel Family Act, ma per renderla effettiva serve soprattutto uno stanziamento ad hoc nella prossima legge di bilancio.
Cosa dice il governo
Di recente l’Unicef ha raccolto 48mila firme per chiedere al governo di aumentare tempi e restribuzione del congedo, adeguandoli alle migliori pratiche europee. Durante un question time, la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha riconosciuto che «lo strumento del congedo di paternità è ancora poco utlizzato» e ha affermato che l’Esecutivo intende proseguire nell’incremento delle misure di welfare pubblico. Secondo Lia Quartapelle, deputata del Partito Democratico che ha presentato un ddl per un congedo paritario, retribuito al 100% e per tutte le categorie di padri lavoratori, «occorrono, secondo le stime, circa 1,5-2 miliardi per tre mesi di congedo obbligatorio. Serve quindi una legge, ma servono soprattutto i soldi».
Differenze Nord-Sud Italia
L’utilizzo in Italia del congedo di paternità obbligatorio non appare, inoltre, omogeneo, dimostrando quanto conti il fattore culturale: ci sono, infatti, forti differenze a seconda dell’età, della tipologia contrattuale, della dimensione delle aziende, del reddito e dell’area geografica di residenza. Sebbene il trend crescente nell’utilizzo di questo diritto all’astensione lavorativa si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più, nota un rapporto di Save the children, vive a Nord e meno al Sud. Valori di fruizione inferiori al 30%, si riscontrano nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (29% in entrambe), mentre valori superiori all’80% si contano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%).
Differenze di età
Ad utilizzare maggiormente il congedo sono gli uomini tra i 30 e i 39 anni (65,4%) e tra i 40 e i 49 (65,6%). Inoltre, è più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi. Si rilevano evidenti disparità anche tra le tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), mentre tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95 per cento. Tra gli stagionali arriva solo al 19,72 per cento. L’utilizzo del congedo di paternità è più diffuso tra i padri con un reddito compreso fra i 15mila e i 28mila euro (73,3%) e fra quelli con reddito superiore a 28mila euro e inferiore a 50mila (85,68%). La correlazione positiva tra reddito e utilizzo del congedo, però, si interrompe a partire dai redditi di 50mila euro (tra chi ha un reddito superiore a questo importo ne usufruisce il 78,63%).