Israele deve ricorrere a «tutte le misure in suo potere» per consentire l’afflusso di aiuti umanitari a Gaza ed evitare il genocidio dei palestinesi a Gaza, inclusa la punizione diretta di chi incita alla pulizia etnica.
Lo ha dichiarato Joan Donoghue, uno dei 17 giudici al lavoro sul procedimento avviato dal Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, sottolineando che il tribunale «ha la giurisdizione per pronunciarsi in merito» e non accoglierà la richiesta israeliana di archiviazione. Donoghue ha dichiarato che esistono «prove sufficienti» per valutare la causa per genocidio intentata da Pretoria e che alcune accuse contro Tel Aviv rientrano nel perimetro della Convenzione sul Genocidio del 1948.
La Corte, ha evidenziato la giudice, è «profondamente consapevole della tragedia umana» che si sta consumando nella regione e della «continua perdita di vite e sofferenze umane» provocato da un conflitto che si avvicina ai quattro mesi di durata. Il tribunale ha condannato anche il linguaggio «deumanizzante» contro la popolazione palestinesi e ribadito l’urgenza di proteggere i civili, ma non ha ingiunto formalmente il cessate il fuoco richiesto dal Sudafrica. Le misure di emergenza sono state approvate da 15 giudici, contro i due contrari.
La richiesta di Pretoria: cessate il fuoco immediato
Il Sudafrica aveva chiesto ai 17 giudici dell’Aia al lavoro sul caso di imporre un cessate il fuoco come «materia di estrema urgenza», in attesa di un verdetto definitivo sulla causa per genocidio.
In cima all’agenda di Pretoria c’è la domanda di un ordine che sospenda le «immediatamente le operazioni militari contro Gaza» e favorisca l’afflusso di aiuti umanitari nella Striscia. Le misure imposte dalla Corte sono vincolanti, ma non è detto che vengano rispettate da Israele: un precedente è il mancato cessate il fuoco della Russia contro l’Ucraina nel 2022, agli albori del conflitto scatenato da Putin contro Kiev.