Dopo le pressioni ricevute dall’Europa, sia Meta sia X (il social network di Musk noto un tempo come Twitter) sostengono di aver intrapreso azioni più decise per contrastare le fake news e i post violenti che riguardano il conflitto in corso tra Hamas e Israele.
Il Ceo di Meta, Mark Zuckerberg, ha affermato in una “storia” su Instagram che “l’attacco terroristico di Hamas a Israele è una malvagità pura”. “Non si può mai giustificare un atto di terrorismo nei confronti di persone innocenti” ha aggiunto Zuckerberg.
Venerdì scorso Meta – l’azienda che controlla Facebook, Instagram e Whatsapp – ha annunciato la costituzione di uno speciale gruppo di coordinamento che avrà il compito di moderare i contenuti legati alla guerra in atto. Una serie di esperti, compresi coloro che parlano in modo fluente la lingua ebraica e araba, stanno lavorando per rimuovere più rapidamente i contenuti che violano le politiche dei social network dell’azienda di Menlo Park.
Nei primi tre giorni del conflitto, Meta sostiene di aver rimosso o segnalato più di 795.000 post in ebraico e arabo che hanno violato le sue politiche riguardanti organizzazioni e individui pericolosi, contenuti violenti ed espliciti e incitamento all’odio.
Ma per i sostenitori della causa palestinese questa moderazione si sarebbe spinta troppo oltre. Il New York Times scrive che “migliaia di sostenitori palestinesi sostengono che i loro post sono stati soppressi o rimossi da Facebook e Instagram, anche se i messaggi non infrangono le regole delle piattaforme”. Il riferimento è ai post pubblicati sul social per esprimere sostegno ai civili palestinesi sfollati, feriti o uccisi dagli attacchi aerei israeliani.
Un portavoce di Meta, Andy Stone, ha fatto sapere che l’azienda ha identificato “un bug che incideva su tutte le storie che ricondividevano i post di Reels e Feed” e che “Questo bug interessava gli account in egual misura in tutto il mondo e non aveva nulla a che fare con l’oggetto del contenuto: lo abbiamo risolto il più rapidamente possibile”
Migliaia di utenti hanno trovato comunque un altro modo per far sentire la loro voce in sostegno del popolo palestinese: scrivere sotto una foto di Beyoncé Knowles.
Su Instagram la cantante americana ha 318 milioni di follower. Il suo profilo è tra i 10 più seguiti della piattaforma. Per chi vuole esprimere solidarietà al popolo palestinese, l’account di Beyoncé è insomma una vetrina perfetta.
Basta cliccare sull’ultimo contenuto pubblicato dalla cantante sul suo account – una serie di foto da più di un milione di “like” che la ritraggono durante un recente concerto a Houston – per imbattersi in una sfilza infinita di commenti pro Palestina e Hamas (ma anche pro Israele). A differenza del violento conflitto in corso, i toni appaiono civili.
Per Hamas e la Palestina la porta resta sempre aperta, anzi spalancata, su Telegram, l’app di messaggistica istantanea che negli ultimi anni – grazie ai suoi “canali” a cui possono iscriversi centinaia di migliaia di persone – si è trasformata nel megafono dei combattenti. A prescindere dalle ideologie, dai contenuti diffusi e dalle responsabilità oggettive nei conflitti in corso.
Un canale Telegram appartenente alle Qassam Brigades, l’ala militare di Hamas impegnata nella resistenza armata a Israele, dall’inizio della guerra è cresciuto fino ad attrrarre 200mila iscritti.
Pavel Durov, il 39enne russo che ha fondato Telegram, ha dichiarato recentemente che la piattaforma non cancellerà i canali utilizzati dai palestinesi per condividere informazioni essenziali sulla guerra.
“Chi è Pavel Durov?” / 1: Le origini del misterioso fondatore di Telegram
“Hamas ha usato Telegram per avvertire i civili di Ashkelon di evacuare la zona prima dell’attacco con i missili – ha scritto Durov proprio su Telegram -. Chiudere il suo account avrebbe salvato vite o ne avrebbe invece messo in pericolo altre?”.
“A differenza degli altri social network in cui c’è un algoritmo che promuove contenuti inappropriati a utenti qualsiasi, chi usa Telegram riceve informazioni solo dai canali a cui è iscritto – ha spiegato Durov -. Detto questo, è improbabile che Telegram possa essere usato per fare propaganda. Invece può essere usato come fonte di informazione di prima mano da giornalisti, fact-cheker e ricercatori”.