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Il 2023 delle startup italiane passa da Bruxelles. Ecco le principali norme in arrivo

Gennaio 3, 2023
nel Tecnologia
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La Manovra non ha dedicato molta attenzione alle startup. Ma se la normativa italiana resta invariata, le novità più attese del 2023 arriveranno da Bruxelles. Un anno in cui ci si aspetta la messa a terra di una serie di norme che renderanno più concreta l’attenzione che il legislatore europeo ha finora dedicato al tema dell’innovazione, della concorrenza e del rapporto tra colossi tecnologici mondiali e mercato europeo. Un’azione che avrà un impatto su tutti i 27 mercati europei. E che cercherà di rafforzare, tra luci e ombre, il tessuto imprenditoriale innovativo del Vecchio Continente per creare aziende capaci di scalare nel proprio mercato di riferimento europeo. 

 

Il Digital service act

Il 2022 si è chiuso con quelle che a detta di molti sono le azioni più importanti mai intraprese da Bruxelles sul mercato digitale europeo: il Digital markets act (Dma) e il Digital service act (Dsa).

Quello più rilevante per le startup è il secondo. È una legge che di fatto obbliga le piattaforme, social media, marketplace, ecommerce, motori di ricerca, startup che lavorano nel mercato dei viaggi, dell’ospitalità e del cloud, a rendere trasparenti i loro algoritmi. Dovranno comunicare alla Commissione europea il numero di utenti. E lo dovranno fare entro l’anno in corso.

 

Il Digital markets act

Il Digital markets act invece si rivolge alle grandi aziende. Come si è detto, è la norma che rende più concreta l’azione intrapresa già da anni da Bruxelles per regolamentare l’azione dei colossi tecnologici sul mercato europeo. La legge cerca di creare delle condizioni più facili per le aziende che operano nei settori dominati da Google, Apple o Meta. Anche questa norma potrebbe tradursi in un vantaggio per le startup europee, spesso schiacciate nei loro mercati di riferimento dalla concorrenza di colossi americani. Uno dei concetti principali di questa norma è quello di “Gatekeeper”.
 

Un limite oltre al quale una grossa azienda è tenuta a regole molto rigide da parte di Bruxelles. Questo potrebbe indurre diverse società in via di scalata del mercato europeo a rivedere i propri piani. “Invece di creare barriere normative per difendere il mercato locale dalla conquista delle big tech Usa, bisognerebbe creare condizioni locali ancor più favorevoli di quelle americane per la nascita e crescita di startup che divengano i nostri campioni”, commenta la norma a Italian Tech Gianmarco Carnovale, tra i fondatori di Allied for Startup, network europeo di associazioni che mirano a migliorare la legislazione sulle imprese innovative.

 

Regole sull’uso dell’Intelligenza artificiale

Non solo mercato. Sono diverse le norme attese per l’anno prossimo. Sifted ne ha fatto un elenco delle principali, quelle da cui si attende il maggiore impatto. A luglio 2022 l’Ue si è dotata di una legge sull’intelligenza artificiale.

L’obiettivo ufficiale è quello di rendere questa nuova tecnologia, discussa, e le cui implicazioni sono diventate in queste settimane oggetto di dibattito dopo l’esplosione del fenomeno Chat Gpt, è rendere l’Ai conforme ai principi europei; fare in modo che i cittadini europei ne possano beneficiare in conformità ai valori e ai diritti fondamentali degli stati membri; ma soprattutto è volta a definire gli elementi fondamentali di regolazione degli scenari connessi all’Ai, cercando di fare operare in europa Ai sicure.
 

La conseguenza di questo principio è che l’Ue potrebbe vietare alcuni usi di questa tecnologia. Soprattutto quelli legati alla manipolazione e al social scoring. Tema che potrebbe piacere e non poco agli attuali partiti di maggioranza, con quello del premier che ha inserito nel proprio programma la necessità impedire la possibilità che il “punteggio sociale” possa diventare realtà in Italia. Il testo finale della norma dovrebbe essere discusso e approvato entro l’anno in corso.

 

La legge europea sulle startup

Il 2023 potrebbe diventare l’anno in cui ci sarà una sola legge europea sulle startup. Le proposte sono diverse, solo alcune di queste sono state diffuse per ora: un piano di assunzione su scala europea di profili che lavorano con tecnologie deep tech o fondi di venture capita paneuropei. Ma è il 2023 l’anno in cui le cose si decideranno.

Deep tech, termine con il quale si intendono tutte quelle tecnologie ‘profonde’ dell’innovazione, quelle ad alto tasso di ricerca e di innovazione, sembra il termine destinato a regnare a Bruxelles. Uno dei piani della Commissione inoltre potrebbe essere quello di stabilire (una volta per tutte) definizioni univoche per startup, scaleup, deeptech e unicorni. Termini della variegata nomenclatura delle startup, ma sui quali al momento c’è un grande dibattito in corso.

“Uno dei grandi problemi per le startup europee é la frammentazione dei quadri normativi nazionali”, commenta Carnovale. “Ogni armonizzazione é un bene perché avvicina la Ue a essere un unico vero mercato di 500 milioni di utenti. Ma i rischi di Dma e Dsa è che prescindano dalle peculiarità delle startup e le mettano in difficoltà alzando barriere all’ingresso per nuovi entranti: il contrario di quel che serve”, aggiunge.

 

Il Data Act e il suo impatto sulle startup

Un’altra norma che potrebbe avere impatto sul mondo delle startup è il Data Act. Più difficile in questo caso che si riesca ad avere entro il 2023. Ad ogni modo la norma in discussione stabilisce alcuni requisiti obbligatori di condivisione dei dati per i processi industriali. In concreto, tutto quel mondo che va dalle auto connesse, ai robot in fabbrica, a quelli domestici, agli elettrodomestici.

Una legge che mira ad aprire questi dati. Obbligare le aziende a farlo, in favore di altre imprese, governi e utenti. “È una buona notizia per le startup, perché permetterà loro di sfruttare meglio il potenziale dei dati per produrre valore economico e rispondere alle richieste dei consumatori. Spesso a un imprenditore basta un’idea e il giusto set di dati per diventare una startup”, ha dichiarato Allied for Startups in un comunicato.

 

Regole sulla gig economy e economia delle piattaforme

Un’ulteriore regolamentazione potrebbe arrivare verso l’economia delle piattaforme. Quelle che in Italia abbiamo conosciuto con le app di food-delivery ma che più in generale rientrano nella macro categoria della gig-economy (economia dei piccoli lavori). Bruxelles ha proposto misure per migliorare le condizioni per chi lavora in queste aziende. La nuova legge dovrebbe definire una volta per tutte chi è “dipendente” delle piattaforme.

E come conseguenza al lavoratore verranno riconosciuti diritti lavorativi e sociali: il salario minimo, le ferie, assenze per malattia pagate e contributi pensionistici. Secondo le stime di Bruxelles, riportate da Sifted, attualmente i lavoratori delle piattaforme attivi in Europa sono 28 milioni; di questi, 5,5 milioni sono di essere “erroneamente” classificati come lavoratori autonomi. La previsione è che da 1,7 a 4,2 milioni di persone saranno riclassificate come lavoratori a dopo questo intervento legislativo. Anche qui, l’orizzonte temporale per vedere approvata la norma è il 2023.

 

Nessun accenno alle startup in manovra. “Accade sempre così”

In Italia, si è detto, non ci sono accenni in manovra al tema delle startup.

Per Carnovale non è una novità: “Che il tema non é vissuto come prioritario, perché le imprese che devono nascere sono meno identificabili come prioritarie rispetto a quelle esistenti. È stato così anche all’inizio della scorsa legislatura, e così anche nella precedente. Tramite le associazioni, aiuteremo anche la nuova maggioranza di governo a capire che le startup sono la migliore opportunità che hanno per creare PIL e posti di lavoro, in poco tempo e con pochissime risorse pubbliche rispetto ai settori tradizionali in difficoltà che chiedono aiuto”, commenta.

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