Un sequestro preventivo record: 779 milioni. Direttamente dalle casse di Airbnb. La decisione del Tribunale di Milano è senza precedenti. Almeno nei confronti di un colosso tecnologico. L’accusa nei confronti della società californiana è di non aver pagato le tasse su 3,7 miliardi di euro incassati in Italia tra il 2017 e il 2021.
Soldi che la società incassa da chi affitta una stanza o un appartamento per brevi periodi sulla piattaforma. E che poi la stessa società corrisponde ai locatari (Host) al netto delle commissioni del servizio. Un meccanismo in sé semplice, ma che si complica quando diventa oggetto di tributi. Chi deve pagare le tasse degli affitti? Perché il giudice ha disposto il sequestro? E soprattutto, cosa succede ora ad Airbnb e ai suoi Host?
La causa del sequestro record della Guardia di finanza
La decisione del giudice per le indagini preliminari, che ha ordinato alla Guardia di finanza di procedere al sequestro nei confronti di Airbnb Ireland, era attesa da qualche settimana. Dal 24 ottobre scorso per la precisione, quando il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza dopo aver recepito le indicazioni della Corte di giustizia europea.
Sentenza piuttosto chiara: Airbnb e gli altri servizi che online offrono affitti brevi devono pagare la cedolare secca sugli affitti stessi, pari al 21%. E lo deve fare come sostituto/responsabile di imposta. Ovvero le società devono trattenere questo 21% a monte, dando agli Host (chi ha in affitto case sulla piattaforma) il loro corrispettivo, al netto della tassa trattenuta e dei costi del servizio.
Ma Airbnb non ha mai voluto considerarsi sostituto/responsabile di imposta. Invita i propri Host a pagare le tasse. Ma quel 21% previsto dalla cedolare secca non lo ha mai trattenuto.
Airbnb sostituto d’imposta e cedolare secca al 21%
La cedolare secca è il regime tributario sui redditi da locazione. È stata introdotta nel 2012 per semplificare il calcolo e riscossione della tassa sugli immobili, stabilendo una percentuale fissa e sostituendo i conteggi dell’Irpef. Ora, una legge del 2017 ha detto che questa cedolare secca per i contratti di locazione breve su piattaforme (come Airbnb, Booking eccetera) la devono pagare le piattaforme, non i proprietari. Il rifiuto di Airbnb di farlo per tutti questi anni ha fatto scattare il provvedimento del Gip. E la Gdf ha sequestrato a Airbnb 777 milioni. Che sono esattamente il 21% di quanto la piattaforma ha incassato solo in Italia tra il 2017 e il 2021, circa 3,1 miliardi di euro. Questa stessa decisione pone un primo problema.
Il Tribunale ha disposto il sequestro perché la legge del 2017 è chiara e non lascia adito a troppe interpretazioni: Airbnb e le altre piattaforme che lavorano come intermediari immobiliari devono riscuotere quel 21%. L’obiettivo, si legge nel testo della legge, è anche finalizzato a contrastare l’evasione fiscale. Andando a prendere la tassa a monte, cioè dalle piattaforme che affittano gli appartamenti, il fisco ha pensato di evitare di affidarsi ai circa 150 mila Host (locatari di affitti brevi) presenti in Italia. Fatti in buona parte di persone oneste che pagano le tasse, magari. Ma – è la tesi degli inquirenti – spesso non lo fanno. O dichiarano meno di quanto fatturano in realtà. Specie nei mesi dove c’è più richiesta.
779 milioni: il 21% di 3,7 miliardi, quanto Airbnb ha incassato in quegli anni in Italia
Il giudice ha disposto quindi il sequestro dell’intera somma che Airbnb avrebbe dovuto dare all’erario. Non tenendo conto di eventuali dichiarazioni o cedolari secche versate dai singoli locatari. Ma è la legge a dirlo. La tassa va versata da Airbnb. Sono le piattaforme a dover trattenere quel 21%.
Airbnb si è vista sequestrare le somme perché non ha mai voluto considerarsi sostituto/responsabile di imposta. Ha impugnato la legge davanti al Tar e la contestazione ha fatto il suo percorso fino alla decisione del Consiglio di Stato, che in sostanza le ha dato torto.
Di mezzo, un passaggio importante: quello dove nel 2022 la Corte di Giustizia europea ha emesso una sentenza che dava ragione allo Stato italiano, confermando per Airbnb il ruolo di sostituto di imposta. La decisione del giudice e l’azione della Guardia di Finanza sono una diretta conseguenza di questi passaggi. E tutto porta a una sola conclusione: la norma è quella, Airbnb non può che adeguarsi. Anche se – è la tesi dell’azienda – dovrebbe non poterlo fare perché non è una società con sede legale in Italia.
È infatti a Airbnb Ireland che i giudici hanno imposto il sequestro. E Airbnb Ireland ha in corso da giugno una discussione con l’Agenzia delle entrate per risolvere una questione. “Siamo sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal Procuratore della Repubblica lunedì. Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti”, ha detto il responsabile di Airbnb per l’Italia, Giacomo Trovato, all’HuffPost.
Cosa succede ora? I rischi per il business di Airbnb in Italia e in Europa
La vicenda non è conclusa. Ci potranno essere nuovi ricorsi. Tentativi di risolvere il caso con un accordo. Con una somma concordata. Ma la mossa dei giudici italiani pone un precedente. Pericoloso per Airbnb e forse per l’intero settore degli affitti brevi.
Il sospetto diffuso è che alcuni Paesi ‘cugini’ dell’Italia, come Francia, Spagna e Portogallo, possano adottare misure analoghe. Come è chiaro che la decisione è un bastone tra le ruote per il modello stesso di business di Airbnb in Italia.
Ma il futuro al momento pone solo domande. Airbnb potrebbe fare ancora ricorso. O decidere di adeguarsi e trattenere il 21%, il che potrebbe tradursi per un minore incasso per gli Host e forse un prezzo maggiore per gli utenti. Alcuni scenari – assai meno percorribili – prevedono che l’azienda chieda agli Host una parte di quel 21% che non ha trattenuto negli anni dal 2017 al 2021. Strada difficilissima e piena di insidie.
Il clima verso i colossi tecnologici è cambiato. Airbnb nel mirino di fisco e comuni
Mentre ogni scenario resta aperto in un momento in cui il clima generale verso le grandi piattaforme è cambiato. Airbnb è accusata non solo di evadere il fisco, ma anche di aver innescato un pericoloso meccanismo a rialzo dei prezzi delle case nei centri storici, nelle zone meno centrali, di aver intasato le città di turisti senza tenere conto delle reali capacità ricettive di ogni singolo comune. Venezia è corsa già ai ripari, Firenze lo scorso giugno ha fatto lo stesso, il governo stesso ha annunciato strette e limitazioni alle piattaforme. È l’intero quadro politico ad essere cambiato. Conti e tasse a parte, tocca fare i conti anche con questo.
Lo testimonia come la notizia è stata commentata. Airbnb è diventato tema di polarizzazione anche sui social. Le reazioni alla multa vanno dalla soddisfazione di chi vede nella piattaforma un simbolo delle conseguenze più nefaste del turismo di massa alla comunità tech, che lega la multa a tutte le azioni mosse dall’Italia per contrastare l’innovazione, dal bando di ChatGpt ai fari sulle attività contro la privacy dei colossi dei social come Meta. Ma anche dal punto di vista fiscale la vicenda non è chiarissima.
Sequestrare 779 milioni è stata la scelta migliore?
E forse poteva andare diversamente: “Quanto accaduto rappresenta, a mio parere, uno di quei casi che testimonia la necessità di riformare, in modo più incisivo, lo Statuto del contribuente”, commenta alla nostra testata l’avvocato tributaria Valerio Vertua, partner di 42LF.
“Nell’ambito dei rapporti di buona fede e di collaborazione tra contribuente e fisco in una fattispecie impositiva di non facile interpretazione, già oggetto, per altro, di una pronuncia della Corte Giustizia Europea, di una sentenza del TAR e poi del Consiglio di Stato, la norma avrebbe potuto prevedere un potere di accertamento su una sola annualità in modo tale da permettere al contribuente, ove avesse realmente sbagliato, di poter rimediare ricorrendo ad istituti quali, ad esempio, il ravvedimento operoso”, conclude. Insomma, i giudici avrebbero potuto pure andarci più leggeri. L’azione muscolare è però conforme alla legge. Terreno di dibattito. Dibattito che si protrarrà ancora per anni.