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Dalle cuffie all’home theater, come cambia la musica secondo Harman

Ottobre 8, 2023
nel Tecnologia
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Non puoi produrre un suono, se prima non conosci il silenzio. A Hollywood, paradossalmente, di silenzio se ne sente. Sull’Hollywood Boulevard, al mattino presto, quando la macchina scintillante della Walk of Fame ha voglia di tirar tardi. O anche, ma questa volta per definizione, nella camera anecoica del Center of Acoustic Excellence di Harman. Un silenzio disarmante, creato apposta per poter capire come, in assenza di riflessioni e impatto sulle pareti e sui pavimenti, il suono viaggi nel miglior modo possibile. Nel centro di eccellenza a Los Angeles ce ne sono 4, dislocate nel labirintico quartier generale dove ogni giorno si studia la produzione del suono. Quello professionale, e quello che arriva nelle nostre case e orecchie.

E in questo ordine sembrano disposti i progetti e gli oggetti che hanno fatto la storia dell’azienda e dei suoi marchi, come JBL, Harman Kardon, AKG, Revel e Mark Levinson. 

Nel corridoio d’ingresso, una personale Walk of Fame la fanno i 3 Grammy portati a casa nella storia: il Technical Grammy Award con Lexicon del 2014, quello del 2010, con AKG Acoustic e il più longevo, nell’ultima teca. L’ha portato a casa JBL Professional, nel 2005, “per la maestria e innovazione continua nella trasmissione del suono in concerti, in studio e nelle sale”. Nella menzione speciale, sulla targa, si fa riferimento anche alla “garanzia degli standard dell’esperienza sonora”. 

“Standard”, in effetti, è una delle parole che si sente menzionare più spesso nei corridoi e sale del centro. È riportato con una sigla sugli impianti che hanno superato le diverse fasi di test: dalla resistenza sui bassi, in un ambiente studiato per resistere anche alle fiamme, a quella dei materiali di monitor e casse, sotto sforzo di pressione e trazione. “Sono impianti che spesso aleggiano sulle teste delle persone, durante i festival e i concerti – ci ha spiegato David Glaubke, a capo della Comunicazione Corporate globale di Harman – Abbiamo bisogno di sapere che resistono alle prove peggiori”. 

Giusto per fare un esempio, solo al BMO Stadium, incredibile arena sportiva che vede sempre più eventi di intrattenimento e festival, oltre alle partite del Los Angeles Football Club, ci sono 2500 speaker JBL. Studiati per essere flessibili nell’utilizzo (l’esperienza del suono è diversa per ogni settore, comprese le suite private e la hall per gli ospiti) e nella conformazione: l’area dedicata al palco ha un’infrastruttura aerea e sedute di spalto che scompaiono all’occorrenza. E agli “standard” ha fatto riferimento nella sua presentazione anche Chris Hansen, responsabile di Recording e Content Creation per Harman: si concentra sui monitor di studio M2, storico prodotto professionale che già garantisce quanto deve (e infatti “non pensiamo di migliorarlo, ma magari di espandere la linea”).

Ma se sugli standard professionali l’asticella si alza a dovere da decenni, è sul comparto consumatori che le cose si fanno più difficili. Chi lavora con l’audio sa dove rivolgersi: al centro d’eccellenza, il John Eargle Theater, restituisce in scala l’esperienza del Teatro dell’Academy, quello degli Oscar. Le cose si fanno più complicate quando lo standard ha a che vedere con i servizi che ci portiamo dietro tutti i giorni per la fruizione dei prodotti audiovisivi. Recentemente il New York Times ha dedicato un approfondimento sulla questione: spesso il mix delle produzioni è tarato su un livello di qualità del suono da sala cinematografica con cui lo streaming non riesce a stare al passo. 

Una bella gatta da pelare, per chi quell’audio lo porta nelle case e nelle orecchie delle persone. Eppure, secondo Mikael Herje, direttore del comparto Headphones and Wearables di Harman, è un po’ la storia che si ripete: “Abbiamo sempre a che fare con un viaggio nel miglioramento di qualità e definizione che ha visto molti punti di caduta”, ha ricordato. Giusto il giorno prima, al Grammy Museum, una simulazione della storia del suono dal grammofono all’immersivo, su video di celebri esibizioni (da Lady Gaga e Rosalia, passando per Imagine Dragons e Lamar) ci aveva fatto piangere le orecchie nel momento della risoluzione in MP3. 

“La portabilità è stata fantastica, ma non buona a sufficienza in termini di qualità – ha aggiunto Herje – Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo assistito di nuovo a un innalzamento nella richiesta di qualità. Lo ha fatto Apple, come Spotify e Netfix. Però il nostro compito non è portare il suono al telefono ma alle tue orecchie, ed è quella la parte difficile”. È quell’ultimo miglio lì che richiede sforzi di banda e codec: “Stiamo andando in quella direzione, e credo che nel prossimo anno vedremo più standard venire fuori, in un ecosistema che al momento ne è privo”. 

Le chiacchiere proseguono sull’intelligenza artificiale e la capacità di rendere cool un marchio, anche perché Herje ha appena mostrato una linea sulla quale non è lecito proferire verbo sino al prossimo CES di Las Vegas. E allora, almeno una previsione per non dover tornare più indietro alla tragica era dell’MP3: l’immersività è qui per restare? “L’esperienza immersiva dipende dal contesto: si tratta di musica o di film? – ci ha risposto lui – Quello che cerchiamo di garantire è una certa esperienza anche al di fuori dall’ecosistema. Un esempio: nel gaming abbiamo accesso all’ecosistema PC, ma non a quello PlayStation. Pur considerando che abbiamo prodotti e ricerche specifiche per ambienti di gioco altamente specializzati (come la linea Quantum, ndr). Bisogna essere flessibili e non ragionare solo in termini tecnici, ma di esperienza per il consumatore. Per esempio, prima hai notato un modello che probabilmente per qualcun altro non andrebbe bene. Riuscire a tradurre la richiesta dell’esperienza sul mercato è la parte difficile. È sempre una questione di equilibrio”.

 

 

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