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Dalla “influencer” alla creator economy

Dicembre 7, 2022
nel Tecnologia
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Virali su Instagram le immagini di diversi utenti alle prese con i selfie. Cosa c’è di nuovo? Le immagini non sono reali ma create con AI. Il tema ha aperto riflessioni ulteriori sulla transizione dal web 2.0 al web 3.0 e sul Metaverso, sui chi  (sempre noi o i nostri avatar?) e come abiteremo i social nel prossimo futuro.

Le esperienze in rete che abbiamo vissuto negli ultimi anni sono state plasmate da almeno tre attori: le piattaforme, i brand e gli influencer. Le piattaforme sono le aziende che hanno creato e che continuamente aggiornano i luoghi digitali in cui ci muoviamo per relazionarci con gli altri. Il design che hanno deciso e le policy di comportamento definiscono ciò che si può fare e ciò che non si può fare nei confini dei loro mondi.

I brand sono tra gli abitanti più ingombranti di questi luoghi digitali. Sono quelli che hanno il potere di investire enormi budget. Brand (anche) sportivi.  Così come soprattutto sportivi gli influencer.

In questi anni sono stati proprio gli influencer a cambiare pelle più volte, interpretando meglio e più velocemente di altri lo spirito del tempo digitale. In questi anni sono stati proprio gli influencer a cambiare pelle più volte, interpretando meglio e più velocemente di altri lo spirito del tempo digitale e i cambiamenti delle esigenze delle persone.

Sono stati i social media a porre le basi per la nascita di questa nuova figura. È stata la metrica dei fan/ follower/subscriber messa in evidenza a stimolare la ricerca della visibilità. E così sono emersi primi personaggi capaci di catturare l

Col passare del tempo avviene la prima trasformazione in creator. La loro caratteristica non è soltanto quella di amplificare messaggi in rete, ma soprattutto quella di produrre contenuti originali secondo il proprio stile.

Da qui l’embrione delle crescita di fenomeni come Tiktok che nel numero di download registra la crescita più rapida oggi e tocca i 732 milioni di utenti.  La loro grande produzione di contenuti unita alla loro capacità di distribuzione ad un pubblico globale si riflette nel numero dei “creator”. Comprende, in pratica, tutto l’ecosistema delle piattaforme digitali (Facebook, TikTok, Instagram, YouTube, LinkedIn, Twitter, ecc…), degli strumenti utilizzati dai creator per produrre e monetizzare i propri contenuti, delle aziende che aiutano i creator a raggiungere brand e audience (agenzie specializzate in Influencer Marketing, talent agency, centri media, ecc.).

Parliamo di un’economia che comprende 300 milioni di creator e che nel solo 2020 avrebbe generato oltre 100 miliardi di dollari (Adobe, “Creators in the Creator Economy: A Global Study,” August 25, 2022). La sfida principale dei prossimi anni sarà far sì che si creino più opportunità per questa nuova “classe media di creatori digitali” ossia

che si riesca ad ampliare la base di coloro che saranno in grado di guadagnarsi da vivere mettendo a frutto le proprie passioni. È un obiettivo che le piattaforme digitali stanno prendendo seriamente anche perché i creator sono fondamentali per la loro sopravvivenza in quanto fungono da attrattori di utenti.

Qualcosa insomma non torna nei conti del web così come è stato pensato sinora. Internet doveva essere una terra di opportunità per i produttori di valore, ma in realtà i vantaggi economici sono rimasti nelle mani dei gatekeeper più potenti, le piattaforme digitali.

Ed i primi a capirlo sono stati gli inventori delle stesse piattaforme che han provato a giocar d’anticipo con il Metaverso, per non essere invece inondati da un web 3.0 che punta a decentratlizzare il web 2.0 e le piattaforme stesse. Ecco perché torniamo all’invasione dei selfie AI. Perché questo fenomeno sta già accadendo e ne siamo co-creatori. Ancora una volta più o meno consapevoli.

E’ , sarà, la Community Economy senzamediatori e con un modello di lavoro dei creator sarà completamente rivoluzionato. In questa nuova era i creator, nella loro ultima forma di co-produttori, diventano dei veri e propri brand. Ma anziché concentrarsi esclusivamente sulla creazione del contenuto che li caratterizza, sono spinti a diventare imprenditori per attirare capitali, marketer per attivare relazioni e gestori di community per coltivarle nel tempo. Questo perché con un modello economico-matematico base permetterebbe ai creator di vivere delle proprie passioni, realizzando la teoria dei 1000 veri fan. Per la prima volta fu proposta  da Kevin Kelly, padre di Wired e autore di importanti saggi, nel 2008. Per vivere della propria passione – dice il futurologo – non c’è bisogno di milioni di fan, ma di 1000 veri fan disposti a pagare per le proprie creazioni (1000 va inteso come un ordine di grandezza).  Ma perché ciò accada devono essere rispettati due criteri:

  • ogni anno bisogna creare abbastanza per poter ottenere, in media, 100$ di profitto da ogni vero fan (ovviamente la somma è indicativa e varia a seconda degli obiettivi di ognuno);
  • bisogna avere una relazione diretta con i fan, anche in termini finanziari. In questo modo il pagamento avviene senza intermediari dai fan al creator.

 

Il caso Adidas

Queste idee sono in corso di sperimentazione da parte di brand come Adidas. Il progetto “Into the Metaverse” nasce nel dicembre 2021 con l’annuncio di una partnership gmoney e PUNKS Comic, tre pionieri del mondo NFT. Dopo qualche giorno parte la vendita di 20.000 NFT, immediatamente venduti  con un guadagno di 23,6 milioni di dollari.

In questo caso questi token rappresentati da figurine animate danno alcuni diritti esclusivi futuri: la possibilità di acquistare alcuni prodotti fisici in edizione limitata, di accedere ad eventi “in real life” e nel metaverso (Adidas ha comprato un terreno in The Sandbox per  costruire uno spazio esperienziale). Ma questi sono i vantaggi ottenibili nella fase 1. Infatti l’intero progetto consta di 4 fasi che riserveranno ulteriori sorprese.

Queste meccaniche di gamification e queste logiche di esclusività hanno l’obiettivo di aggregare una community di “true fan” early adopter pronta a seguire l’azienda in questo processo di sperimentazione del web3. Una community animata che discute e suggerisce azioni in un server Discord dedicato.

Questo modo di fare marketing facendo leva sulle community diventerà sempre più cruciale nei prossimi anni per i creator e per i brand. Il motivo è semplice: c’è un pubblico che non si accontenta di comprare e consumare, ma vuole partecipare alla costruzione del brand e vuole farlo anche entrando in contatto con altri fan appassionati.

Con un vantaggio anche per creator, media (tradizionali e non) che queste community le han già costruite su un rapporto di reciproca fiducia. Soprattutto per questi attori è il momento giusto per prepararsi al futuro! **

**fonte Study & Research Buzoole, 2022

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