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Aumentati o annientati? Che succede se l’intelligenza artificiale invade Hollywood

Gennaio 7, 2023
nel Tecnologia
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Vanity AI, lo strumento sviluppato da Marz per praticare il cosiddetto deaging/aging (in italiano, ringiovanimento o invecchiamento) degli attori, è stato utilizzato sinora in 27 produzioni, fra film e serie anche di grande o grandissimo successo, come Spider-Man: No Way Home, la stagione 4 di Stranger Things o The Umbrella Academy. È successo senza che più o meno nessuno di noi spettatori se ne accorgesse, che è insieme un pregio e un difetto. Un rischio e un’opportunità.

E proprio di questo si è parlato durante il panel AI goes to Hollywood, cui abbiamo partecipato al CES di Las Vegas (qui tutte le news) e appunto dedicato a quello che potrebbe succedere ora che le intelligenze artificiali sono dappertutto, e dunque anche nel mondo del cinema.

Un aiuto o una cosa terrificante?

Marz è una società canadese che si occupa di effetti speciali (il nome sta per Monsters Aliens Robots Zombies) e il suo direttore operativo, Matt Panousis, ha raccontato che l’azienda è nata nel 2018 per il mondo delle televisione, allo scopo di ridurre i costi degli effetti speciali: “Con la nostra IA possiamo fare il deaging 300 volte più velocemente rispetto a prima, andando incontro a due esigenze importanti nel mondo dello showbusiness”, cioè “mantenere elevati standard di qualità e tagliare tempi e costi”. Anche evitando che l’attore debba sottoporsi a parecchie ore di trucco.

Succede praticamente senza che chi guarda ne sia consapevole, ma in qualche modo siamo noi che guardiamo che abbiamo voluto che succedesse: “Col passare del tempo, le richieste e le aspettative delle persone sono cresciute anche per le produzioni destinate alla tv, tanto che ci si attende una qualità negli effetti speciali che sia come quella del cinema. E con questi strumenti quasi ci siamo”. Però con budget decisamente minori.

Quello dei costi ridotti non è l’unico vantaggio: “L’uso delle IA ha permesso ad attori con disabilità di superarle in qualche modo e di poter recitare in film dove magari non avrebbero potuto recitare, di lavorare da remoto, di ringiovanire e anche di essere pagati per sempre”, ha ricordato Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo di SAG-Aftra (fra i più importanti sindacati di attori), facendo riferimento al caso di James Earl Jones, storico doppiatore di Darth Fener, la cui voce è stata ricreata dalla startup ucriana Respeecher. Ancora: sempre per quanto riguarda il doppiaggio, l’uso delle IA permette una migliore sincronizzazione del movimento delle labbra per adattarsi alle diverse lingue parlate, così che un film sembri girato in italiano anche se non è girato in italiano, e anche di rigirare le scene senza rigirarle per davvero, ricostruendo eventuali cambi di inquadratura, sostituendo il viso di un’attrice che non fa più parte del cast o rivestendo un attore che inizialmente era spogliato, come ha spiegato Scott Mann, co-founder di Flawless, la cui IA si chiama TrueSync ed è specializzata nei dialoghi.

Da sinistra: Nina Schick, Joanna Popper, Matt Panousis, Scott Mann e Duncan Crabtree-Ireland 

Fare un film intero sul computer di casa

Questi sono tutti esempi di IA generativa, cioè che non fa solo un’analisi o una raccolta dei dati ma anche crea contenuti da zero, come foto, testi, immagini tridimensionali, il cui uso “sta crescendo in modo esponenziale da 6 mesi a questa parte”, come ha ricordato la scrittrice Nina Schick, specializzata proprio nella GenAI. Che durante l’incontro di Las Vegas ha fatto due previsioni parecchio ardite, dicendo che “entro il 2025, il 90% dei contenuti video nel mondo sarà fatto usando una IA” e che “entro 5 anni si potrà realizzare un intero film su un qualsiasi computer che possiamo comprare in negozio”.

L’idea di Schick è che “i creator potranno fare cose incredibili con l’aiuto delle IA” e che alla domanda se saremo “augmented o automated”, che ha fatto al pubblico dal palco, la risposta non può che essere la prima: “Sicuramente alcuni lavori si perderanno e saranno automatizzati, ma altri se ne creeranno e soprattutto si creeranno possibilità che prima non avevamo”. In che senso? “Nel senso che il blocco dello scrittore non esisterà più, perché se anche mi mancasse l’ispirazione, potrei comunque rivolgermi (per esempio) a ChatGPT per avere una traccia, un’idea, uno spunto da cui partire, una bozza”. O anche una lista di domande da fare per un’intervista.

Tornando al mondo del cinema, secondo Schick “siamo solo all’inizio” e progressivamente “assisteremo a una sorta di democratizzazione della creatività e si abbasseranno le barriere d’ingresso, perché si potranno avere sceneggiature, storie ed effetti speciali a una frazione del costo attuale ma mantenendo un buon livello di qualità”.

I rischi delle IA nel mondo del cinema

Il tasto della qualità è un tasto dolente, perché uno dei timori dell’uso (meglio: dell’abuso) delle intelligenze artificiali a Hollywood è che si arrivi a una specie di “mediocrità accettabile”, cioè che la qualità di tutto si abbassi e che noi che vediamo e loro che producono ce lo faremo andare bene per ragioni di costo e di comodità. Un esempio per capire, fatto sul palco del CES: “Se uno studente si fa scrivere da ChatGPT la relazione su un libro che doveva leggere ma non ha letto, difficilmente ne ricaverà un testo che gli permetterà di prendere un 9 o un 10 ma molto facilmente si porterà a casa un 6. E gli andrà bene così”. Ecco: a noi andrà bene così?

Al momento è ancora presto per rispondere, così come è presto per rispondere a un altro degli interrogativi legati a questo tema: che cosa impedirà (per fare un esempio) a Disney di creare dal nulla il prossimo cattivo dei film di Star Wars senza nemmeno utilizzare un attore o un’attrice in carne e ossa, così come si creano gli influencer virtuali? Secondo i partecipanti al panel, il rischio sarebbe scongiurato dall’empatia (o dalla sua mancanza) con gli spettatori, che le persone sono più brave a creare rispetto alle macchine. Almeno per ora.

L’ultimo punto è forse il più importante, e riguarda il copyright e la sua violazione: queste IA generano contenuti ma non generano contenuti davvero originali, perché per ottenerli partono sempre dalle idee di qualche umano. Nel caso dell’ipotetica sceneggiatura di un film fatto da un’intelligenza artificiale, da dove arriva davvero l’idea? Da dove arrivano i database su cui l’IA si è allenata e ha imparato? Dove è stato fatto lo scraping? Ancora: nel caso di facce inesistenti nel mondo reale e realizzate da una macchina per interpretare un film, di chi sono i volti originali? Le persone cui appartengono ne hanno autorizzato l’uso? Sono state retribuite per questo?

Sono tutte domande delicate e importanti, cui già entro il 2023 dovremo essere in grado di dare una risposta. Ce la faremo? Sì, secondo i partecipanti al panel di Las Vegas: “La paura è comprensibile, ma non deve prendere il sopravvento – ha sottolineato Crabtree-Ireland in chiusura dell’incontro – All’inizio anche Photoshop era terrificante, e oggi lo usiamo tutti per fare cose bellissime”.

@capoema

 

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