«Esistono pochi materiali più sostenibili del sughero a livello industriale: questo legno proviene dalle foreste di sughera del Mediterraneo, che contribuiscono a stoccare anidride carbonica – 73 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di sughero – e i prodotti trasformati non sono trattati, se non con un rivestimento in silicone, nel caso dei tappi, per poterli inserire nelle bottiglie. È una pianta spontanea, che ogni dieci anni in Italia può essere decorticata e poi si rigenera, quindi non implica né abbattimento alberi né sfruttamento della risorsa, ma anzi è un sistema che permette alla pianta di rigenerarsi, anche fino a 250 anni».
Alessandro Canepari è titolare della Mureddu Sugheri, che dal 1938 produce tappi per bottiglie in questo materiale, ed è anche responsabile del Gruppo Sughero all’interno di Assoimballaggi, a sua volta associata a FederlegnoArredo, in rappresentanza di un settore di nicchia (la produzione nazionale ha un valore di 270 milioni di euro, generato da poco più di 200 aziende e un migliaio di lavoratori), ma fondamentale per l’industria del vino e distintivo del nostro Paese, che da solo produce e trasforma circa il 10% del sughero commercializzato a livello globale, alle spalle di Spagna e Portogallo, che detengono il 70% della produzione, e davanti a Maghreb e Francia.
Potenzialità inespresse
Un settore che potrebbe avere potenzialità ben più grandi se soltanto si sciogliessero alcuni nodi burocratici che ne ostacolano lo sviluppo, a cominciare dalla questione del riciclo. Il sughero, spiega Canepari è, o meglio sarebbe, un esempio perfetto di materiale riciclabile, essendo completamente naturale e avendo moltissime possibilità di trasformazione una volta rigenerato, ad esempio nel campo dell’edilizia (come isolante acustico e termico), del design e del calzaturiero.
Ambiti in cui viene già utilizzato – sebbene marginalmente rispetto alla produzione di tappi – ma che potrebbero svilupparsi in maniera significativa se venissero varate norme a livello di sistema (italiano e ancor più europeo) per autorizzarne e garantirne il riciclo, cosa che oggi non avviene per motivi «meramente burocratici», aggiunge l’imprenditore. Oltre che economici, dato che l’organizzazione della raccolta e lo smistamento dei tappi utilizzati (a oggi prevista e regolamentata solo in alcuni Comuni italiani) comporta comunque costi elevati.
«Se però riuscissimo a innescare un meccanismo virtuoso di produzione, utilizzo, riciclo, rigenerazione e riutilizzo, ci sarebbero importanti ricadute economiche, a livello di sistema, che ammortizzerebbero i costi – osserva Canepari -. Ogni anno si producono nel mondo circa 18 miliardi di tappi di bottiglia, di cui più di 12 sono in sughero: pensi a quante cose si potrebbero fare e quanti posti di lavoro si potrebbero generare, se riuscissimo a riciclare quei 12 miliardi di tappi».