I punti chiave
- «Quando si attende il nostro destino, non si riesce a fare altro che attendere»
- La scenografia è sta curata da Margherita Palli, il suono da Max Casacci
- Gli attori sono gli allievi della Scuola “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano
Quando si aprono le porte dell’ascensore svaniscono i dubbi. In tutto e per tutto siamo all’interno di un ospedale. Colore argento specchiato, strisce bianche al livello delle lettighe. Un ragazzo gira la chiave e schiaccia il tasto numero uno. Al piano superiore si stacca il bigliettino con i numeri per attendere il proprio turno.
Inizia così il viaggio nell’attesa, o meglio ne “La dolce attesa”, l’installazione del regista Paolo Sorrentino all’interno del Salone del Mobile di Milano, accessibile soltanto da due persone alla volta, con la conseguenza che è quasi impossibile trovare uno slot libero visitarla.
«L’attesa è tra le peggiori sventure della vita», scrive il regista de La grande bellezza e di Parthenope nel raccontare la sua opera. «Parliamo dell’attesa di un referto, di un responso medico. Quando si attende il nostro destino, non si riesce a fare altro che attendere. Quando il nostro futuro dipende da un medico, da un laboratorio, ecco che rimaniamo appesi e angosciati».
Una riflessione che può sembrare strana se arriva proprio in mezzo al rumore e al via vai dei 2100 espositori del Salone, provenienti da 37 paesi del mondo e nel vociare delle migliaia di visitatori che riempiono i padiglioni della Fiera. O forse proprio per questo è ancora più forte e provocatoria.
Andando avanti con l’esperienza, quando l’infermiere-attore apre la porta del reparto, il suono è solo quello delle pulsazioni di un grande cuore che riflette luci e immagini. Sdraiati su grandi poltrone di pelle, inizia il viaggio nell’attesa e ci si avvicina al centro del corridoio la cui luce rosso sangue lascia piano piano spazio alla penombra.