C’è tempo fino a fine 2025 per l’eventuale stop all’aumento dei tre mesi nel 2027 dei requisiti pensionistici collegato all’adeguamento alla speranza di vita: è una «scelta è politica». Ma nel caso non scattasse la “sterilizzazione”, ad essere interessati dall’innalzamento delle soglie pensionistiche saranno anche i lavoratori interessati da uscite anticipate agevolate con isopensione o con prestazioni a carico dei Fondi di solidarietà. Che rischierebbero di diventare potenzialmente nuovi esodati, anche se trattandosi di trattamenti regolati «da un accordo tra azienda e lavoratore, non si può escludere che gli stessi possano trovare un’intesa in base a quanto originariamente pattuito». A fornire queste indicazioni sono stati il direttore generale dell’Inps, Valeria Vittimberga, e altri rappresentanti dell’Istituto nel corso di un’audizione alla commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali.
Entro fine anno la norma sull’adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita
A stabilire se dovrà scattare nel biennio 2027-28 un aumento di tre mesi del requisito per accedere alla pensione di vecchiaia (oggi a 67 anni) e di quello per «l’anticipo» con i soli contributi maturati, a prescindere dall’età, (attualmente 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), che è stato di fatto indicato nelle ultime “proiezioni” dell’Istat, è un decreto direttoriale dei ministeri dell’Economia e del Lavoro. A ricordarlo sono stati i rappresentanti dell’Istituto: «il decreto direttoriale di adeguamento dei requisiti pensionistici agli incrementi della speranza di vita per il biennio 2027-2028 dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2025 sulla base delle risultanze relative alla variazione della speranza di vita rese disponibili dall’Istat entro il 31 dicembre di ciascun anno. In attuazione di questo decreto, l’Inps adegua i requisiti per il riconoscimento dei trattamenti pensionistici».
Inps: «al momento stimato un aumento di 3 mesi per la pensione»
Nel coprso dell’audizione i rapresentanti dell’Inps hanno osservato che le stime sull’aumento dei requisiti pensionistici in base agli incrementi della speranza di vita a partire dal 2027 «sono fatte con riferimento a dati provvisori, per cui si devono aspettare i dati definitivi dell’Istat, perché anche pochi decimali possono cambiare le cose. Al momento l’incremento sembrerebbe riguardare tre mesi».
C’è tempo fino a fine 2025 per l’eventuale stop dei tre mesi in più: «la scelta non è dell’Inps ma politica»
I rappresentanti dell’Inps hanno rimarcato che «esiste un margine temporale di intervento qualora il legislatore decidesse, come avvenuto in passato, di sterilizzare gli aumenti dei requisiti pensionistici. In tal senso l’Istituto è come sempre disponibile da un lato a fornire il supporto tecnico-giuridico necessario, dall’altro a fornire elementi utili alle quantificazioni, anche economiche, di possibili interventi normativi». I rappresentanti dell’ente hanno aggiunto che «risulta del tutto evidente che l’Istituto, nel suo ruolo di soggetto attuatore delle politiche pubbliche, si debba attenere alle disposizioni vigenti e alle indicazioni dei ministeri vigilanti». A questo proposito il direttore generale dell’ente Vittimberga ha affermato che il requisito di accesso alla pensione è variabile nel tempo e «non dipende dall’Inps», nemmeno dalla speranza di vita, ma da «scelte squisitamente politiche che pur si basano su elementi tecnici quali la speranza di vita».
Il governo non ha ancora chiesto all’Inps indicazioni sui costi della sterilizzazione
In audizione il direttore centrale studi e ricerche dell’Inps, Gianfranco Santoro, ha detto che sui costi per sterilizzare l’aumento di tre mesi dei requisiti pensionistici, in base all’adeguamento alla speranza di vita, «stiamo facendo degli approfondimenti: è chiaro che il costo dipende da come viene scritta la norma». I rappresentanti dell’Istituto hanno poi affermato che dal governo una stima sulla sterilizzazione totale dell’adeguamento fin qui «non è stata mai chiesta».