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Home » Paesi Bassi, il governo si spacca sulle sanzioni a Israele. Il ministro degli Esteri si dimette
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Paesi Bassi, il governo si spacca sulle sanzioni a Israele. Il ministro degli Esteri si dimette

Sala NotizieBy Sala Notizie23 Agosto 20253 Mins Read
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Una poltrona vale meno di un principio. Il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp si è dimesso dopo che il suo governo, già in versione “caretaker” – dimissionario, resta in carica solo per gestire l’ordinaria amministrazione fino alle nuove elezioni e alla formazione di un nuovo esecutivo – ha di nuovo respinto l’ipotesi di sanzioni contro Israele. «Ho incontrato resistenze nel Consiglio dei ministri per misure aggiuntive», ha detto Veldkamp, 61 anni, ex ambasciatore in Israele, spiegando di non essere «in grado di adottare provvedimenti significativi» in risposta alla guerra a Gaza e ai nuovi piani di colonizzazione in Cisgiordania. Con lui hanno lasciato l’esecutivo anche gli altri ministri del New Social Contract (NSC), acuendo la fragilità del governo ad interim guidato da Dick Schoof, in attesa delle elezioni anticipate del 29 ottobre.

La scintilla

La rottura arriva all’indomani di una dichiarazione congiunta sottoscritta dai ministri degli Esteri di oltre 20 Paesi occidentali (tra cui Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Giappone e, appunto, Paesi Bassi) che condanna «nei termini più forti» l’approvazione israeliana del progetto E1: 3.400 nuove abitazioni tra Ma’ale Adumim e Gerusalemme Est, un corridoio edilizio che per i critici “spezzerebbe in due” la Cisgiordania compromettendo la contiguità territoriale di uno Stato palestinese. L’Aia è stata tra i firmatari.

Il piano (mancato) di Veldkamp

Nel dibattito di governo Veldkamp aveva caldeggiato un pacchetto di misure nazionali, a partire dal divieto d’importazione dei prodotti provenienti dagli insediamenti nei territori occupati. La proposta, racconta l’Associated Press, non ha però superato il vaglio dei partner di coalizione, costringendolo alle dimissioni. «Ritengo di non poter più tracciare la rotta che ritengo necessaria», la sua frase.

Le crepe della coalizione e il fattore “caretaker”

Dopo l’uscita a giugno del Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders – di estrema destra, nazionalista e populista – l’esecutivo Schoof è rimasto in piedi in regime di ordinaria amministrazione con VVD (liberali), NSC (centristi) e BBB (agraristi). Un governo demissionario evita scelte di grande portata, anche per questo – oltre che per i veti incrociati – il dossier sanzioni non ha trovato sbocco. La prima frattura, provocata dal braccio di ferro sulle politiche migratorie, ha già portato alla convocazione di elezioni anticipate per il 29 ottobre. Le dimissioni di Veldkamp e l’uscita dei ministri NSC aumentano il solco, lasciando l’esecutivo ancora più esposto fino al voto.

Le mosse (già fatte) verso Israele

Nelle ultime settimane, l’Aia aveva comunque irrigidito la postura: a luglio è stato imposto un divieto d’ingresso ai ministri israeliani di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, una mossa coordinata con altri Paesi europei. Sul piano diplomatico, l’esecutivo Schoof inoltre aderito alla dichiarazione contro E1. Le misure più incisive – come il bando alle merci degli insediamenti – si sono però arenate al tavolo del Consiglio dei ministri.

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