Il leader dell’estrema destra mira a consolidare i valori tradizionali reprimendo i diritti LGBTQ+. È davvero questo ciò che vogliono gli italiani?
Sab 28 ottobre 2023 02:00 EDT
La famiglia può essere il fondamento culturale della società italiana, ma un’idea di famiglia del tutto conservatrice e patriarcale è ciò che i nostri attuali leader e le istituzioni più potenti del Paese vogliono promuovere. Le parole di Giorgia Meloni sono sempre scelte con cura: “un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà”, “esiste un solo tipo di famiglia: quella formata da un uomo e una donna”. La prima donna primo ministro italiana, che guida una coalizione di estrema destra, ama invocare lo slogan “Dio, patria e famiglia”; ha condotto una campagna contro quella che lei chiama “la lobby LGBT”, si descrive come “una donna, una madre, una cristiana” e si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma le sue dichiarazioni sulla genitorialità sono un deliberato pugno nello stomaco per chiunque la cui famiglia non corrisponda alla sua ristretta definizione.
La Meloni è salita al potere con il sostegno di alcuni politici moderati, che speravano che una volta in carica non avrebbe effettivamente messo in discussione le conquiste ottenute dagli attivisti per i diritti umani negli ultimi anni. Queste speranze erano fuorvianti.
Lo scorso gennaio, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha fatto circolare ai prefetti italiani – rappresentanti locali del governo centrale – una raccomandazione che ordinava di rimuovere i genitori non biologici dai certificati di nascita, escludendo così migliaia di genitori LGBTQ+ dall’essere legalmente dichiarati tali. Di conseguenza, la Procura di Padova ha già chiesto la cancellazione dei nomi di 27 genitori dello stesso sesso dai certificati di nascita, atto che priverebbe 33 bambini del diritto a due genitori riconosciuti uguali dalla legge. Ciò ha inviato in tutta Italia il messaggio devastante che le persone LGBTQ+ non sono degne di essere genitori. I genitori dello stesso sesso hanno avuto la sensazione di essere ancora una volta individuati come brutte eccezioni alla famiglia “naturale” basata sui valori tradizionali. Le autorità italiane potrebbero tollerarli come babysitter, ma rifiutarsi di vederli come veri genitori.
L’Italia è ancora in ritardo rispetto a gran parte dell’Europa per quanto riguarda i diritti LGBTQ+: non sono mai stati una priorità politica, anche quando era al potere il Partito Democratico di centrosinistra. Abbiamo vissuto anni di inerzia politica, anche se altri paesi, un tempo socialmente conservatori, hanno liberalizzato leggi discriminatorie o modificato le loro costituzioni. In Italia, al contrario, i partiti progressisti sembrano fare di tutto per non inimicarsi né gli elettori conservatori né la Chiesa cattolica.
Nel 2016 abbiamo ottenuto un successo parziale con la legislazione che consente le unioni civili per le coppie dello stesso sesso. È stato un risultato da cui gran parte della comunità queer si è sentita esclusa, poiché i diritti di matrimonio e adozione di figliastri erano ancora limitati alle coppie di sesso opposto. Eppure è stato almeno un inizio, un passo nella giusta direzione.
Molti di noi speravano che segnasse l’inizio di una nuova era in Italia, ma un brutto passo falso si è verificato nel 2021, quando il Parlamento non è riuscito ad approvare un disegno di legge del Partito Democratico che avrebbe criminalizzato i reati d’odio contro le persone LGBTQ+. I diritti delle minoranze rimangono fortemente contestati in Italia – non solo dalla destra e dal Vaticano, che interferisce attivamente su queste questioni, ma anche da parte della sinistra cattolica, che svolge un ruolo vitale nel bloccare il progresso.
Ora, con un governo di estrema destra al potere, gli attacchi ai nostri diritti si sono intensificati. I miei conoscenti che appartengono a famiglie dello stesso sesso condividono tutti la stessa preoccupazione: che il certificato di nascita e altri cambiamenti burocratici si tradurranno in un nuovo stigma sociale generalizzato, rendendo la vita delle loro famiglie più difficile. Siamo di fronte ad una pericolosa regressione politica e culturale che potrebbe cambiare in peggio la vita quotidiana di molti bambini, con il divieto ai genitori di andarli a prendere a scuola o portarli dal medico senza l’autorizzazione del genitore legale. Non ci siamo ancora, ma potremmo arrivarci presto.
C’è qualche resistenza. Il sindaco di Padova, Sergio Giordani, ha proseguito la registrazione delle famiglie omosessuali, spiegando di farlo nell’interesse primario dei bambini. L’11 novembre si terrà la prima udienza in tribunale nel caso di due donne unite civilmente che lottano per difendere i diritti delle loro figlie.
Ma il quadro generale è desolante. Un disegno di legge presentato all’inizio di quest’anno da una politica di Fratelli d’Italia, Maria Carolina Varchi, criminalizzerebbe coloro che cercano la maternità surrogata all’estero, rendendolo un reato punibile con grandi multe e pene detentive. Il disegno di legge è passato alla Camera dei Deputati ed è ancora all’esame della Commissione Giustizia del Senato. La maternità surrogata in Italia è già illegale, mentre la fecondazione in vitro è disponibile solo per le coppie di sesso opposto, il che lascia molte coppie dello stesso sesso con poca scelta se non quella di andare all’estero. Varchi ha affermato che la maternità surrogata all’estero è una “pratica degradante” volta a “distruggere, per contratto, l’idea di maternità”.
La legislazione è un altro tentativo di svergognare ulteriormente e rendere la vita difficile alle famiglie LGBTQ+ e a quelle coppie che vogliono mettersi in proprio. L’obiettivo della Meloni è consolidare la nozione tradizionale e cattolica di famiglia attraverso una guerra alle famiglie “diverse”. Le persone che amano e si prendono cura dei propri figli tanto quanto qualsiasi altro genitore sono state di fatto delegittimate dallo Stato. Le conseguenze emotive e pratiche saranno enormi. Alla Meloni non importa il danno che sta facendo, ma la mia speranza è che lo facciano il popolo italiano, e gli altri in tutta Europa.
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Luisa Rizzitelli è la coordinatrice italiana di One Billion Rising, che si batte per porre fine alla violenza contro le donne
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