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Home » Musk frena sull’America Party e punta su JD Vance per il 2028
Mondo

Musk frena sull’America Party e punta su JD Vance per il 2028

Sala NotizieBy Sala Notizie20 Agosto 20253 Mins Read
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Aveva promesso un terremoto politico, annunciando la nascita dell’America Party per restituire la libertà agli americani e sfidare l’odiata legge fiscale di Donald Trump. Ma a neanche due mesi dall’annuncio, Elon Musk sembra già aver tolto il piede dall’acceleratore. Secondo il Wall Street Journal, il fondatore di Tesla e SpaceX avrebbe deciso di sospendere i piani per il suo partito: troppi rischi, troppe resistenze e soprattutto il timore di bruciare i ponti con i vertici repubblicani, che potrebbero tornargli utili. A partire dal vicepresidente JD Vance, che Musk – raccontano fonti a lui vicine – sarebbe pronto a inondare di centinaia di milioni per la sua corsa alla Casa Bianca del 2028. Intanto, in attesa di trasformarsi in kingmaker – di nuovo – meglio concentrare le energie sulle proprie aziende.

Un dietrofront strategico

Il vulcanico imprenditore sudafricano non ha certo archiviato l’idea di un suo progetto politico, ma l’ha messa in stand-by, scegliendo una linea più prudente. Ha cancellato incontri con organizzatori di movimenti e preso le distanze da sostenitori come Andrew Yang e Mark Cuban. Secondo fonti citate dal Wall Street Journal, i suoi team politici avrebbero smesso di lavorare attivamente al progetto.

Oggi il patron di Tesla e SpaceX sembra più orientato a sostenere — anche con ingenti risorse — una possibile candidatura presidenziale di JD Vance nel 2028. E non sarebbe certo un debutto, visto che nel 2024 aveva già investito circa 300 milioni di dollari a favore di Donald Trump e di altri repubblicani tramite il suo America PAC. La strategia è sempre quella: non sfidare direttamente il sistema bipartitico, ma muoversi al suo interno per ampliare la propria influenza.

Perché fondare un terzo partito è (quasi) impossibile

D’altronde, fondare un terzo partito negli Stati Uniti è quasi impossibile. Ogni Stato impone regole differenti per l’accesso alle schede elettorali, spesso con costi elevati, raccolte firme massicce e possibili battaglie legali. In alcuni casi, persino il nome scelto può creare ostacoli: a New York, ad esempio, l’uso della parola “America” rischierebbe di essere vietato. Sul piano elettorale, inoltre, i numeri non sono incoraggianti. Se da un lato il 58% degli americani dichiara di volere una terza forza politica, solo una minoranza — tra il 5% e il 17% — si dice pronta a sostenere l’America Party di Musk. La storia recente conferma le difficoltà: persino Ross Perot, che nel 1992 ottenne quasi il 19% dei voti, non riuscì a conquistare un solo grande elettore.

Il nodo della credibilità politica

C’è poi la questione della credibilità politica. Musk, pur miliardario e celebre, rimane un personaggio divisivo e non ha mai presentato una piattaforma ideologica chiara. Senza un programma strutturato, tutta l’operazione appare poco solida. Mancano inoltre le basi organizzative: esperienze simili, come il Forward Party di Andrew Yang o No Labels, hanno già dimostrato quanto sia difficile costruire da zero un partito nazionale, anche con leader riconoscibili e idee definite.

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