Mentre Mosca e Kiev si scambiano l’accusa di aver aiutato Hamas ad attaccare gli israeliani, Washington e Bruxelles si interrogano sul da farsi: un eventuale rifornimento a Gerusalemme porrebbe in serio rischio quello all’Ucraina, visto che americani ed europei faticano a raggiungere la produzione richiesta dal governo di Zelensky. La produzione di armi di Usa e Ue è stata uno dei temi al centro della puntata di “Numeri”, il programma di Sky TG24 andato in onda il 9 ottobre 2023
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La guerra tra Israele e il gruppo terroristico palestinese Hamas (LO SPECIALE – GLI AGGIORNAMENTI) pone serie questioni ai Paesi europei e agli Stati Uniti, indecisi se e quante armi inviare al governo di Gerusalemme, che si appresta a iniziare un’offensiva anche via terra nella Striscia di Gaza. C’è infatti da considerare che l’Occidente è già impegnato nell’invio di armi e munizioni all’Ucraina (LO SPECIALE – GLI AGGIORNAMENTI), che adesso potrebbe essere svantaggiata da questo fronte aperto in Medio Oriente: non è un caso che nella giornata di ieri i Servizi di Intelligence Militare di Kiev abbiano sostenuto come Mosca fosse indirettamente dietro gli attacchi di Hamas, con il passaggio di quelle armi sottratte agli ucraini e di provenienza occidentale. Un modo per rispondere alle accuse del Cremlino, che ha sottolineato la possibile complicità del governo di Volodymyr Zelensky. “È ovvio che le centinaia di migliaia di tonnellate di armi che l’Occidente invia sul territorio dell’Ucraina non si fermano completamente lì e che alcune vengono vendute dai ‘baroni delle armi’ in tutto il mondo. Questo tutti lo sanno bene”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dimitrij Peskov. La produzione di armi dell’Occidente e i rifornimenti futuri sono stati un tema al centro di “Numeri”, la puntata di Sky TG24 andata in onda il 9 ottobre 2023.
La capacità americana di produrre armi
I primi che potrebbero risentire di questo doppio fronte sono gli Stati Uniti, che per aiutare Kiev hanno doto fondo ai loro magazzini. Come segnalano i dati del Ministero della Difesa Usa, la capacità americana di produrre proiettili d’artiglieria per obici da 155 mm era di 400mila pezzi annui, ma il conflitto russo-ucraino ha portato questa produzione a crescere, raggiungendo quasi i 2 milioni di pezzi. Uno sforzo straordinario, di cui lo stesso Pentagono sembra esserne al corrente se è vero che qualche giorno fa, quando c’era il rischio di shutdown, il Ministero della Difesa ha avvisato il Congresso che i fondi per ricostruire le scorte sono praticamente esauriti e che c’è il rischio di rallentare i nuovi invii senza ulteriori fondi. Nel caso in cui il rischio di finire in esercizio provvisorio torni a minacciare Washington, la possibilità potrebbe farsi più concreta.

Stati Uniti e Ue messi a confronto
Gli Stati Uniti, tuttavia, sembrano voler incrementare la produzione proiettili per obici, al fine di assistere maggiormente Kiev: come segnalano le fonti del Ministero della Difesa e della Casa Bianca, la produzione attuale di proiettili d’artiglieria era di 14mila al mese prima della guerra in Ucraina, che all’anno fanno 168mila. L’obiettivo, ambizioso, che si è posto l’Amministrazione Biden è quello di raggiungere il traguardo degli 85mila al mese entro il 2025, cioè oltre un milione all’anno. Per il momento la produzione media è di appena 28mila proiettili al mese (336mila ogni dodici mesi). Troppo poco per le necessità ucraine, che ne vorrebbero almeno 8mila al giorno. Un dato che sembra al momento irraggiungibile per i suoi fornitori: come evidenziano i dati provenienti sia da fonti americane che europee, la produzione Usa è al momento ferma ai mille al giorno, così come quella dell’Unione europea. Un dato esiguo, che adesso potrebbe essere modificato da quanto accade in Medio Oriente.
