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Nordio: ‘Francia è un Paese amico, ma in passato quasi complice Br’

Aprile 1, 2023
nel Mondo
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Il ministro della Giustizia  spiega: le pene inflitte in Italia agli ex terroristi dovrebbero essere scontate “almeno in parte” in Italia e “vorremmo che queste persone  dessero un segno di dissociazione da quelle imprese criminali”. Si valuta ricorso alla Cedu, ma non da parte degli organi statuali

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L’ultima chance per far tornare in Italia i dieci ex terroristi rossi è attraverso il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. I familiari delle vittime non cedono dopo che la giustizia francese ha confermato il rifiuto della Francia alla richiesta di estradizione dei dieci eversori rifugiati nel Paese d’Oltralpe. Il ministro Carlo Nordio precisa: “Esiste la possibilità della Cedu, ma non è consentito un ricorso da parte degli organi statuali, occorre semmai un’iniziativa da parte delle persone interessate”. Il titolare della giustizia comunque promette che il governo “ce la metterà tutta”, spiegando che la “Francia è un Paese amico”, ma che “in passato si è dimostrata quasi complice di questi delinquenti che si erano macchiati di delitti gravissimi”.

Nordio: “Ex Br si dissocino o scontino parte della pena in Italia”

La condanna morale dei crimini commessi dagli ex terroristi “c’è ed è accentuata da questa decisione che è incomprensibile. Ma noi non ci accontentiamo della condanna morale”, ha detto ancora il ministro della Giustizia. Le pene inflitte in Italia agli ex terroristi dovrebbero essere scontate “almeno in parte” in Italia e  “vorremmo che queste persone – ha detto a Porta a Porta ieri sera – dessero un segno di dissociazione da quelle imprese criminali.  Invece qualcuno di loro ha reagito con arroganza e ironia”.

Il parere dei famigliari delle vittime

Intanto, Maurizio Campagna – fratello di Andrea, l’agente di pubblica sicurezza calabrese ucciso dai terroristi nel 1979 a Milano, chiede di andare fino in fondo: “Chi può deve fare tutto il possibile, noi – dice – ci rendiamo disponibili per proseguire la battaglia”. Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile 1978, però chiarisce: “Il debito dei terroristi va estinto con i cittadini italiani e con lo Stato italiano, è giusto che sia il governo a fare ricorso. Hanno assassinato mio padre perché portava una divisa dello Stato ed esercitava il suo ruolo in un certo modo. Sono state danneggiate le istituzioni”.

La decisione della Francia

Per i dieci ex terroristi degli anni Settanta rifugiati a Parigi, dagli esponenti delle Br a quelli di Lotta Continua, dei Proletari armati per il comunismo e delle Formazioni comuniste combattenti, il tribunale francese aveva già negato il 29 giugno dello scorso anno l’estradizione chiesta dall’Italia motivando il rifiuto con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ma dopo la contrarietà manifestata dal presidente Macron, il procuratore generale della Corte d’appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, ritenendo necessario appurare se gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia beneficiassero o meno di un nuovo processo una volta consegnati. L’Italia però non si era fatta alcuna illusione. Qualche ora dopo la sentenza della Cassazione, il giornalista Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi assassinato nel ’72 su mandato dello stesso Pietrostefani, aveva posto anche l’accento sul fatto che “da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà…”. 

Cronaca

Ex terroristi rossi e neri, da Casimirri a Zorzi: almeno 17 latitanti

La Francia ha negato l’estradizione di 10 ex terroristi rossi italiani che da decenni vivono nel Paese d’Oltralpe. Ma ce ne sono circa altri 20, tra cui anche esponenti dell’eversione nera, che vivono in tutto il mondo e hanno a carico sentenze passate in giudicato per reati compiuti durante gli anni di piombo. Molti vivono in Sudamerica, ma anche in Svizzera, Francia e Giappone

Sono circa una ventina i latitanti, protagonisti degli anni di piombo in Italia, che vivono in giro per il mondo ma da anni hanno a carico sentenze passate in giudicato in Italia. Ieri i magistrati francesi hanno respinto la richiesta di estradizione per 10 ex terroristi rossi che vivono da anni a Parigi (nella foto), ma ce ne sono almeno altri 17, tra cui anche esponenti dell’eversione nera, che da tempo si sono dati alla latitanza

I più famosi sono Alessio Casimirri (nella foto) e Alvaro Lojacono, entrambi ex Br, entrambi in via Fani il 16 marzo 1978 quando fu sequestrato Aldo Moro, entrambi condannati all’ergastolo. Casimirri, nome di battaglia “Camillo”, è l’unico brigatista del commando mai arrestato. Nel 1983 riuscì a raggiungere il Nicaragua dove è rimasto a vivere ottenendo la cittadinanza. Si è sposato, ha due figli e da anni gestisce un ristorante vicino a Managua, sulla costa del Pacifico

Lojacono, che oggi si chiama Alvaro Baragiola grazie alla madre cittadina elvetica, vive invece in Svizzera. Oltre all’agguato di via Fani ha anche una condanna a 16 anni per l’omicidio dello studente greco di destra Mikis Mantakas. Lojacono venne arresto nel 1988 dalle autorità svizzere per l’uccisione del giudice Tartaglione, dopo 9 anni ha ottenuto la semilibertà. Nel 2000 un nuovo arresto, su richiesta delle autorità italiane, in Corsica, ma la Francia non ha concesso l’estradizione

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