Il presidente malgascio, Andry Rajoelina, aveva chiesto «un anno di tempo» per sanare le fratture interne al Paese e ripristinare gli equilibri. Non ci sono stati margini. La crisi del Madagascar, l’isola da oltre 30 milioni di abitanti a largo della costa dell’Africa australe, è entrata ufficialmente in una nuova fase con l’annuncio della presa di potere del Corps d’administration des personnels et des services administratifs et techniques o Capsat, la divisione dell’esercito che si era già insubordinata e aveva aderito alle rivolte della Gen Z contro Rajoelina.
Il colonnello Michael Randrianirina ha dichiarato che i militari avrebbero «preso il potere da oggi» ed è subentrato allo stesso Rajoelina nel ruolo di presidente, avviando una fase di «transizione» al potere civile dopo la revisione interna delle istituzioni malgasce.
La Corte costituzionale aveva chiesto il ritorno alle urne entro due mesi. Randrianirina lo prevede entro due anni: «Il periodo di ristrutturazione durerà al massimo due anni. Durante questo periodo, si terrà un referendum per stabilire una nuova Costituzione, seguito da elezioni per istituire gradualmente le nuove istituzioni» ha dichiarato ai giornalisti, in una traiettoria che sembra ricalcare quella dei rovescimenti di potere golpistici inanellati fra 2019 e 2023 nella fascia saheliana.
In precedenza il parlamento malgascio aveva votato per l’impeachment di Rajoelina, evacuato d’emergenza su un volo francese la scorsa domenica dopo l’ondata di proteste giovanili e lo strappo di alcune divisioni dell’esercito a favore delle proteste. Oggi si trova in un «luogo sicuro» ma non sono disponibili dettagli sulla sua collocazione.
Dal taglio dell’elettricità alla fuga di Rajoelina
Il crescendo è stato rapido. Le manifestazioni guidate dal movimento della Gen Z Mada, gli under 30 del Madagascar, sono dilagate a fine settembre su ispirazione delle ondate di dissenso «generazionale» propagate dal Nepal alle Filippine e già anticipate dalle fibrillazioni dei giovani di Kenya, Uganda e Nigeria nel 2024. La miccia ufficiale delle proteste, scoppiate in simultanea a quelle del Marocco, è stata la sospensione dei servizi idrici ed elettrici e idrici in un Paese già stremato da tassi crescenti di povertà e disoccupazione. Il dissenso è confluito in fretta in una protesta più ampia contro la presidenza di Rajoelina, accusata di corruzione e inefficienza rispetto alle fragilità sociali che tengono sotto scacco uno dei Paesi più poveri su scala africana e globale.






