L’anno scorso si è chiuso con le vendite di beni personali di lusso a 364 miliardi, in calo dell’1% sul 2023 e le speranze del settore erano state riposte in un’ipotetica ripresa nel secondo semestre 2025. Il consueto aggiornamento di metà anno del monitor Altagamma-Bain spegne quasi definitivamente le speranze che questa ripresa possa davvero avvenire. Secondo le stime diffuse ieri a Milano, infatti, lo scenario più probabile è che il mercato dei beni personali di lusso chiuda con un contrazione moderata tra il -2% e il -5% rispetto al 2024.
L’industria rallenta per la prima volta in 15 anni
L’anno, del resto, è iniziato con un calo tra il -1% e il -3 per cento. «Il 2025 segna un punto di svolta per il lusso globale: per la prima volta in 15 anni, l’industria rallenta, compressa da instabilità economiche, tensioni geopolitiche e trasformazioni culturali profonde. Le prospettive per il resto dell’anno restano incerte, ma i fondamentali del settore sono solidi: oltre 300 milioni di nuovi consumatori, metà appartenenti alle generazioni Z e Alpha, entreranno nel mercato nei prossimi cinque anni», hanno commentato Claudia D’Arpizio e Federica Levato, senior partner di Bain&Co e autrici dello studio.
Cina e Usa pesano sulle vendite
A pesare sull’andamento del primo trimestre e in generale sulle performance dell’anno – che vede forti differenze tra aziende dello stesso comparto, proprio come era avvenuto nel 2024, e a vincere sono le stesse dell’anno scorso – sono alcuni mercati strategici per il lusso, Cina e Usa su tutti. Il Liberation Day (2 aprile scorso), quando Donald Trump ha annunciato i dazi sui diversi mercati, poi abbassati a un 10% generalizzato fino al 9 luglio (eccetto alcuni settori come auto e acciaio), ha acuito ulteriormente la crisi. Dal Monitor emerge come negli Stati Uniti, la volatilità indotta dai dazi influenzi in negativo la propensione alla spesa (non dei consumatori alto spendenti); rimane però un interesse per il lusso accessibile, che alimenta le speranze di ripresa a medio-lungo termine. In Cina mercati e consumi della classe media si trovano in una fase di “attendismo”, seppure rimangano potenzialità di sviluppo. Europa e Giappone, che nel corso degli ultimi due anni hanno tenuto o sono cresciuti grazie allo shopping dei turisti, stanno rallentando sotto il peso delle stesse dinamiche che affliggono Usa e Cina. E la clientela locale rimane sotto pressione.
Potenziale di crescita in Medio Oriente, America Latina e Sud-Est Asiatico
«L’attuale contesto di instabilità geopolitica, commerciale e dei mercati finanziari ha un impatto negativo sulla fiducia dei consumatori e il nostro settore non è immune a tutto questo – ha detto Matteo Lunelli, presidente di Fondazione Altagamma –, per questo si prevede un 2025 di flessione. Mettendo le cose in prospettiva, però, si può parlare di normalizzazione: dobbiamo tenere conto che il comparto ha avuto rarissime pause di riflessione e ha chiuso il 2024 in aumento del 28% sul 2019, e quindi il pre Covid. Inoltre, c’è un potenziale di crescita in mercati come Medio Oriente, America Latina e Sud-Est Asiatico. Speriamo che tra l’Europa e l’alleato americano si possa trovare un accordo buono e giusto sui dazi. Sono ottimista: quando ci sarà chiarezza sarà più facile per tutti».
Il nodo dell’engagement in calo del 40 per cento
Al di là dell’andamento delle vendite per geografia, che è sicuramente un’importante materia di riflessione per aziende come quelle del lusso che ormai da tempo operano in uno scenario globale, dal Monitor emerge un dato sul quale vale la pena concentrarsi: è quello del calo drastico dell’engagement dei marchi del lusso che è dovuto al minore interesse, anche a causa dell’impennata dei prezzi e di una mancanza di innovazione creativa e che si traduce in una minore crescita dei follower sui social e in un minor numero di interazioni. Oltre che riflettersi, evidentemente, in un calo delle vendite. Secondo il Monitor, dal 2022 le ricerche online sono calate per oltre il 40% dei brand; la crescita del numero di follower sui social è calata del 90%. «È il momento per i brand di compiere un atto di coraggio: ritornare alla propria essenza. In un’epoca in cui l’engagement crolla del 40% e la redditività vacilla, solo chi saprà abbandonare l’effimero per abbracciare autenticità, qualità e visione potrà distinguersi. Occorre costruire legami reali, parlare il linguaggio dei valori, offrire esperienze che vadano oltre il prodotto e nutrire relazioni profonde con il consumatore. Perché il futuro del lusso non sarà nei volumi, ma nel significato. Non è più tempo di rincorrere il rumore, ma di generare senso», concludono D’Arpizio e Levato.