Una combinazione favorevole di fattori ha permesso alle banche centrali di combattere l’impennata dell’inflazione nel 2021-22 senza provocare un significativo aumento dell’inflazione e anzi il costo in termini occupazionali è stato “sorprendentemente basso”. È quanto ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde nel suo intervento al simposio organizzato dalla Federal Reserve a Jackson Hole in Wyoming e dedicato quest’anno ai temi delle transizioni in atto nel momento del lavoro. “Storicamente – ha detto Lagarde – la disinflazione ha avuto un costo. Dagli anni ’60, il ”tasso di sacrificio” si è attestato in genere intorno a un rapporto di 1 a 1. In pratica, ciò significa che ridurre permanentemente l’inflazione di 1 punto percentuale è costato circa l’1% del Pil in termini di perdita di produzione. E date le ben note rigidità strutturali dell’Europa, era ragionevole supporre che un brusco inasprimento (della politica monetaria, ndr) avrebbe potuto portare a un aumento della disoccupazione”.
“Anche negli Stati Uniti, con il loro mercato del lavoro più flessibile – ha aggiunto – molti temevano che sarebbe stato necessario un aumento significativo della disoccupazione per riportare l’inflazione sotto controllo. Invece, ci troviamo in una situazione molto diversa da quella che molti si aspettavano: sia nell’area dell’euro che negli Stati Uniti, l’inflazione è diminuita drasticamente, a un costo notevolmente basso in termini di occupazione…nell’euro anzi la crescita dell’occupazione è stata significativamente più forte di quanto i precedenti storici lasciavano presupporre”. Ma cosa ha determinato questa risposta atipica dell’occupazione? “In sintesi, si è trattato di una combinazione di spinte globali e punti di forza interni. L’inasprimento della politica monetaria e la conseguente disinflazione hanno coinciso con l’allentamento delle strozzature dell’offerta a livello mondiale, un forte calo dei prezzi dell’energia e politiche fiscali proattive”.
“Mercato lavoro Europa sta bene ma serve cautela”
In uno scenario complesso, per le emergenze degli ultimi anni, “in Europa il mercato del lavoro ha superato i recenti shock” e si trova “in una forma inaspettatamente buona, aiutato da un mix di fattori favorevoli a livello globale e di forza interna. Ma dovremmo essere cauti nel presumere che questa combinazione unica di forze sia destinata a durare”. Così Lagarde in un altro passaggio del intervento a Jackson Hole in cui ha invitato a studiare la situazione attuale per “essere meglio preparati al prossimo shock, qualunque forma possa assumere”.
“In risposta alla straordinaria impennata dell’inflazione nel 2021-2022 – ha ricordato – le principali banche centrali hanno adottato il più aggressivo inasprimento della politica monetaria da una generazione. In genere, ridurre l’inflazione ha un costo” e “c’erano timori” sull’impatto sul mercato del lavoro, “soprattutto in Europa, date le sue note rigidità strutturali. Persino negli Stati Uniti, con il loro mercato del lavoro più flessibile, molti temevano che sarebbe stato necessario un aumento significativo della disoccupazione per riportare l’inflazione sotto controllo”. “Invece – ha ammesso – sia nell’area dell’euro che negli Stati Uniti, l’inflazione è diminuita drasticamente, a un costo notevolmente basso in termini di occupazione. Di fatto, la crescita dell’occupazione nell’area dell’euro è stata significativamente più forte di quanto avrebbero previsto i modelli storici”. Lagarde ha evidenziato alcuni elementi strutturali, come la tendenza demografica che vede “una popolazione in età lavorativa dell’area dell’euro destinata a ridursi ulteriormente” mentre “l’accumulo di manodopera potrebbe confermarsi” mentre “l’automazione e l’intelligenza artificiale potrebbero aumentare la produttività”.

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