Uno dei trend social più virali di questo 2025 è sicuramente quello dei brainrot, termine che Oxford Dictionary ha eletto parola dell’anno 2024. Si tratta di contenuti video generati con l’intelligenza artificiale generativa, in cui personaggi assurdi – come “Bombardiro Crocodilo”, “Ballerina Cappuccina” o “Tung Tung Tung Sahur” – si muovono su sfondi psichedelici mentre una voce sintetica recita frasi prive di senso. Video nonsense che mescolano ironia, surreale e, talvolta, provocazioni politicamente scorrette, spesso superando il limite del cattivo gusto.
Uno dei primi video ad aver definito l’immaginario di questo trend che riscrive l’estetica del meme contemporaneo, è stato “Tralalero Tralalà”, in cui uno squalo antropomorfo, con sneaker blu ai piedi, recita versi accompagnati da un audio generato dall’intelligenza artificiale. Un video, caricato inizialmente su TikTok a gennaio 2025 che ha dato il via a una valanga di imitazioni e rielaborazioni, fino a raggiungere numeri da record: oltre 7 milioni di visualizzazioni per il singolo video e 3 miliardi di visualizzazioni globali per l’intero fenomeno.
Dai social alle piattaforme: l’economia del nonsense
Grazie ad algoritmi che spingono i contenuti più virali, imbattersi in questi video dall’estetica nonsense è diventato relativamente facile, da TikTok, che ha iniziato il trend, a YouTube, che da sempre monetizza i creator con le reward per view. Il risultato è un sistema in cui se molti subiscono il fascino e l’effetto dei brainrot (soprattutto i più giovani della Gen Z e Gen Alpha), altrettanti ci guadagnano creandoli e cavalcando il trend.
Diversi creator vendono video-lezioni, guide, tutorial e corsi su come generare contenuti virali con l’AI: istruzioni per costruire un proprio universo “brainrot” e sfondare su TikTok, con prezzi che vanno dai 50 ai 500 euro per corso. E su Discord esistono community private dove gli utenti si scambiano prompt per creare brainrot e tecniche per generare contenuti “estremi” aggirando le linee guida dei software. Da un po’ quella stessa estetica ha cominciato ad invadere le piattaforme di videogiochi online da Playstation Store a Nintendo, passando per Steam e Play Store. Insomma, i brainrot – volenti o nolenti – sono diventati un modello di business, oltre che un’estetica.
L’invasione degli store digitali: il fenomeno “AI Slop Games”
Non contenti di aver conquistato i social, ora questi meme stanno invadendo il mondo dei videogiochi, come testimoniano le pagine degli store di PlayStation e Nintendo. Secondo un report di IGN, una delle principali testate giornalistiche internazionali dedicate ai videogiochi e all’intrattenimento digitale, il PlayStation Store e il Nintendo eShop sono letteralmente inondati da questi titoli di bassa qualità, che qualcuno definisce non senza mezzi termini “spazzatura”.
