Quarto caso umano di influenza aviaria collegato all’epidemia in corso tra i bovini da latte negli Usa. L’infezione, informano i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), è stata rilevata in un lavoratore del settore lattiero-caseario in Colorado

I contagi precedenti erano stati registrati uno in Texas e 2 in Michigan. Anche in questo caso la persona infettata ha riferito solo sintomi oculari, trattati e risolti con terapia antivirale. Nessun segno sospetto è stato registrato fra i suoi contatti.   

In Australia, primo caso nel Paese, ad essere contagiata persino una bambina di due anni. Sebbene la fonte di esposizione al virus in questo caso “sia attualmente sconosciuta – precisa l’Oms – probabilmente è avvenuta in India, dove il caso aveva viaggiato, e dove il virus A (H5N1) è stato rilevato in passato negli uccelli”. La bimba, era stato precisato, non aveva tuttavia avuto “alcun contatto noto con persone o animali malati”.

La sintomatologia

Le infezioni da influenza aviaria negli esseri umani possono causare da lievi disturbi del tratto respiratorio a malattie più gravi e letali. Dal 2003 al 22 maggio 2024, sono stati segnalati all’Oms da 24 paesi 891 casi di infezioni umane da virus A-H5N1, inclusi 463 decessi. L’infezione umana ha dunque un alto tasso di mortalità. Al momento però, precisa Rezza, “non c’è allarme perchè non c’è evidenza della trasmissione interumana del virus, ma certamente desta preoccupazione il fatto che circolino vari virus aviari inanimali ai quali l’uomo è esposto ed il fatto che abbiamo dei casi in cui l’esposizione non è ricondotta ad un contatto diretto con l’animale infetto. 

“Esiste conferma della trasmissione” del virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità “tra bovino e bovino e da bovino a pollame”, secondo quando emerge “dal sequenziamento” virale. “Sono inoltre confermati casi di bovini da latte asintomatici”, ma “con infezione da H5N1”, anche se “l’entità dei test non è chiara”. Lo evidenzia lo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, in un’analisi sui risultati del vertice a porte chiuse organizzato nei giorni scorsi dal Dipartimento dell’Agricoltura (Usda), dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e dalla Food and Drug Administration (Fda), per fare il punto sull’emergenza aviaria nelle mucche da latte negli Stati Uniti.

L’influenza aviaria tra i ghiacci dell’Antartide: colpiti pinguini e cormorani della penisola 

Sulla base delle informazioni disponibili, i Cdc continuano a considerare basso il rischio per la popolazione generale, ma più alto per le persone esposte al contatto con animali potenzialmente infetti, alle quali si raccomanda l’adozione delle opportune precauzioni.

Rafforzare i sistemi di sorveglianza

Fondamentale, dunque, è monitorare, non sottovalutare i segnali ed essere preparati”. In Italia non è stato registrato alcun caso umano di influenza aviaria A-H5N1 ma sarebbe rischioso abbassare la guardia: “Attualmente esistono due vaccini pre-pandemici per l’uomo basati su H5N1, uno dei quali è già stato opzionato dall’Italia ed in caso di pandemia, anche se il vaccino dovesse essere adattato ad un ceppo nuovo, ciò richiederebbe comunque poco tempo poichè i virus influenzali li conosciamo bene ed è una situazione molto diversa rispetto al Covid-19″, spiega Rezza. Dunque, è il monito di Rezza, “bisogna rafforzare i sistemi di sorveglianza ed essere preparati nella risposta”.

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