Mentre Bruxelles discute di alleggerire le norme sulla sostenibilità aziendale, le imprese europee lanciano un messaggio chiaro: le regole ambientali non sono un ostacolo, ma un’opportunità di competitività. È questo il quadro che emerge da un’indagine YouGov condotta per E3G su 2.500 dirigenti in cinque Paesi UE.
L’inchiesta arriva in un momento cruciale. Da inizio 2025, il Pacchetto Omnibus ha aperto un acceso dibattito sulla direzione della politica climatica europea, con pressioni crescenti – anche dall’amministrazione Trump – per ridurre gli standard ambientali. Ma i numeri raccontano una storia diversa dalle narrative politiche dominanti.
In Italia, dove sono stati intervistati oltre 500 manager, il 60% considera la sostenibilità ambientale determinante per la competitività aziendale. Non solo: tre quarti dei dirigenti sostengono l’obbligo di piani di transizione climatica per le grandi imprese, in netta contrapposizione con le proposte di renderli facoltativi o eliminarli.
Particolarmente significativa è la posizione sulle soglie di rendicontazione: mentre la Commissione propone di limitare gli obblighi alle aziende con oltre 1.000 dipendenti, il 37% delle imprese italiane indica come ideale una soglia di 250 dipendenti. Un segnale che le aziende vedono nella trasparenza un vantaggio, non un peso.
Commissione Europea (Rainews)
L’indagine evidenzia anche un forte orientamento internazionale: il 51% delle aziende italiane ritiene che standard più rigorosi spingerebbero a privilegiare fornitori europei, mentre il 73% vuole che l’UE sia leader globale nella sostenibilità. Un messaggio che i legislatori non possono ignorare mentre si preparano a definire il futuro delle regole ambientali europee.
Particolarmente significativo è il dato sulla rendicontazione della sostenibilità: quasi sei manager italiani su dieci (58%) ritengono che la raccolta e la comunicazione regolare dei dati ESG siano strumenti efficaci per attrarre investimenti, mentre solo l’8% esprime parere contrario. Questa convinzione è ancora più forte tra le medie e grandi imprese europee (250-999 dipendenti), dove raggiunge il 68%.
Il sondaggio evidenzia come le aziende preferiscano soglie più basse per gli obblighi di rendicontazione: il 37% degli italiani indica 250 dipendenti come limite ideale per l’applicazione della Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD), ben al di sotto dei 1.000 proposti dalla Commissione. Solo una piccola minoranza (11%) vorrebbe soglie più elevate, tra i 2.000 e oltre i 3.000 dipendenti.
La visione delle imprese è chiara anche sul ruolo dell’Europa: il 73% dei manager italiani ritiene che l’UE debba essere leader globale negli standard di sostenibilità, mentre solo il 5% è contrario. Questo orientamento si riflette anche nella percezione del vantaggio competitivo: oltre la metà (52%) crede che regole che impongono il rispetto di standard ambientali e sociali possano garantire all’UE un vantaggio competitivo di lungo periodo rispetto a Cina e Stati Uniti.
Sostenibilità ambientale (Ansa)
L’incertezza normativa sta già impattando pesantemente sul business: il 44% dei manager italiani ammette che sta ritardando le decisioni di investimento. Il problema è ancora più sentito tra le grandi aziende europee, dove oltre sei su dieci (63%) tra quelle di medie e grandi dimensioni condividono questo timore. Con il Parlamento europeo pronto a definire la propria posizione sull’Omnibus a ottobre, le imprese chiedono con forza regole chiare e ambiziose, non deregolamentazione.
“È una questione di competitività di lungo periodo”, spiega Daniele Ciatti di E3G. “Le imprese hanno capito che la transizione verde è inevitabile. Cercano regole chiare per gestirla, non scorciatoie che rischiano di lasciarle indietro nella corsa globale all’economia pulita”.







