Il dicastero per la Dottrina della Fede ha scomunicato latae sententiae monsignor Calo Maria Viganò accusato del delitto di scisma. Ieri, 4 luglio, il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede si è riunito per concludere il processo penale extragiudiziale a carico di mons. Carlo Maria Viganò, accusato del delitto riservato di scisma. «Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II», sottolinea l’ex Sant’Uffizio. All’esito del processo penale, «mons. Carlo Maria Viganò è stato riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma. Il dicastero ha dichiarato la scomunica latae sententiae». La rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica, si spiega ancora nella nota, nella quale si indica che la decisione è stata comunicata a monsignor Viganò oggi.

Dallo scisma alla scomunica, le norme del Codice

La scomunica è la pena più grave nella Chiesa cattolica perché è la presa d’atto del fatto che la persona battezzata che si è macchiata di uno dei delitti canonici per i quali è prevista non è più in comunione con la Chiesa. Non può quindi celebrare né ricevere i sacramenti, non può partecipare attivamente alle celebrazioni di culto; non può ricoprire uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici, né porre in essere atti di potestà di giurisdizione. E in alcuni casi più gravi previsti dalla legge canonica, se si tratta di un chierico, non è esclusa la dimissione dallo stato clericale. La scomunica è tuttavia una censura non perpetua e può essere rimossa nel caso in cui la persona dia prova di vero pentimento. La scomunica è prevista in caso di apostasia, eresia e scisma.

La possibilità della rimozione

«L’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae», stabilisce il canone 1364 del codice di diritto canonico, richiamato dalla disposizione della Dottrina della Fede nella vicenda di mons. Carlo Maria Viganò. La scomunica è latae sententiae, cioè automatica, quando scatta per il solo fatto di avere commesso uno dei delitti contro la fede. Nel provvedimento dell’ex Sant’Uffizio riguardante Viganò viene citato anche il canone 751 del codice di diritto canonico nel quale si indica che cosa è lo scisma e le differenze con gli altri delitti per i quali anche è prevista la scomunica: «Vien detta eresia, l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti», è il testo della legge richiamata. Come detto nel caso in cui monsignor Viganò dovesse pentirsi e chiedere che gli sia tolta la scomunica, «la rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica».

Anche se scomunicato Viganò celebra la messa e chiede donazioni

«Come ogni mese, anche questo primo venerdì dedicato al Preziosissimo Sangue celebrerò la santa messa per gli amici e i benefattori della fondazione Exsurge Domine». Lo dice su X mons. Carlo Maria Viganò, appena scomunicato dal Vaticano. «Assieme a loro, porterò ai piedi dell’Altare anche tutti coloro che hanno voluto esprimermi sostegno e assicurarmi le loro preghiere in questo momento. Invito tutte le persone di buona volontà a contribuire secondo i loro mezzi con una donazione alla Fondazione Exsurge Domine, in modo particolare la formazione tradizionale di sei giovani seminaristi», scrive Viganò indicando un link al quale donare.

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