I punti chiave
- Molon: il clima non è l’ideale, ma possiamo recuperare l’Europa
- Capelletti: i grandi progetti crescono, ma i margini sono risicati
- Villari: stiamo potenziazndo i punti vendita all’estero
Basta guardarsi intorno, ai Padiglioni 13 e 14 del Salone del Mobile, per capire da dove vengono i segnali di ripresa dell’arredamento in stile, il classico, come lo definiscono in gergo gli operatori. Buyer, architetti e clienti mediorientali, arabi, molti caucasici. Qualche cinese e coreano. In incognita, ma neanche tanto, i russi. Ufficialmente embargati, fanno capolino tranquillamente tra gli stand. L’ultima volta che russi e classico avevano avuto la ribalta era stato quando ai due estremi dell’enorme tavolo della brianzola Oak, sei metri di lunghezza, Putin e Macron avevano iniziato un poi rivelatosi improbabile dialogo sulla guerra in Ucraina.
Proprio la guerra in Ucraina, seguita al post Covid, è stato il momento di svolta per il settore. «Abbiamo subito il contraccolpo», dice Luciano Colombo, amministratore delegato della Ercole Colombo, azienda storica del segmento, e referente del mobile di stile di FederlegnoArredo. «Nei successivi tre anni», spiega, «abbiamo perso circa il 30 per cento del fatturato del segmento. I costi delle materie prime, dei materiali pregiati e degli accessori che utilizziamo sono andati alle stelle. Il riposizionamento non è stato facile, la Russia vale la metà del segmento. Ora intravediamo i primi segnali di ripresa».
Le visite dei primi giorni di Salone sono incoraggianti. «Si rivedono, soprattutto dal Medio Oriente, compratori individuali. Abbiamo avuto una commessa importante per un palazzo nobiliare a Baghdad, in Iraq». Italia non pervenuta. «La capacità di spesa, anche nella fascia alta è diminuita», dice Colombo, «ma il mercato interno non è decisivo. Dai movimenti che vedo al Salone, credo che nel 2025 tornerà il segno positivo».
Grazie al Medio Oriente, che già nel 2024 ha battuto un colpo. Gli Emirati Arabi Uniti, hanno raggiunto il settimo posto della classifica dell’export italiano con 402 milioni di fatturato (+22%); l’Arabia Saudita, tredicesima della classifica, ha toccato il 288 milioni di fatturato (+14,6%). Lì, il classico è di casa. Decisivi sono stati i grandi progetti, il contract. Sviluppi residenziali e alberghi, soprattutto.
L’installazione Villa Héritage di Pierre-Yves Rochon, l’archistar francese dei grandi alberghi, è un manifesto dello stile e delle potenzialità delle imprese italiane del mobile di stile. Quaranta aziende del made in Italy hanno fornito all’architetto i pezzi per un ambiente ideale. Uno specchio di quello che può essere fatto con il mobile classico. «Il contract», dice Roberto Molon, amministratore delegato dell’azienda di famiglia, «sta dando buoni segnali. I dazi di Trump ci zavorrano negli Stati Uniti e con le grandi catene. Ma possiamo lavorare bene in Europa, con gli stessi grandi gruppi statunitensi dell’hotellerie. Purtroppo il clima che si sta creando sui mercati non promette niente di buono. L’incertezza, soprattutto sulle grandi committenze, è un fattore molto penalizzante».