La partecipazione dell’Italia all’Expo di Osaka è un’occasione anche per dare respiro ai rapporti tra le due nazioni sotto il profilo dell’economia marittima. Non a caso oggi, all’apertura ufficiale della kermesse è presente, nel porto della città giapponese, la fregata Marceglia, della nostra marina militare. Il prossimo 21 luglio, poi, nella settimana dedicata al mare, Nello Musumeci, ministro delle Politiche del mare, interverrà a un meeting nel Padiglione Italia, cui seguirà, due giorni dopo (23 luglio) un evento della Protezione civile tricolore. Insomma, l’Expo permetterà di avvicinare ulteriormente due Paesi che già coltivano cospicui commerci via mare. Del resto, l’alleanza giapponese One (Ocean Network Express) dei container carrier – composta dalle principali compagnie di navigazione cargo giapponesi Nyl Line, Mol e K Line – è parte della più ampia Premier Alliance che, con i suoi servizi di linea, da febbraio 2025, tocca, per la rotta Asia-Mediterraneo, i porti italiani di Genova, Gioia Tauro e La Spezia.
Nel 2024, l’import-export tra Italia e Giappone (i dati sono di Srm, il centro di ricerche che fa capo a Intesa Sanpaolo) è stato di 12,6 miliardi di euro, di cui 8,2 miliardi in export (+2,5% sul 2023) e 4,4 in import (-19%). La bilancia commerciale è dunque a favore dell’Italia. Il 53% (6,7 miliardi) dell’import-export fra le due nazioni è via mare. Modalità con cui importiamo mezzi di trasporto, macchinari e metalli per un valore complessivo che ammonta a 3 miliardi euro. Esportiamo, invece, sempre via mare, in Giappone, alimentari e bevande, mezzi di trasporto e macchinari, per un valore di 3,7 miliardi di euro.
Il Giappone, peraltro, oltre a essere la quarta economia mondiale, è uno dei principali Paesi marittimi del mondo: il 99,6% del commercio avviene via mare; è il terzo costruttore di navi al mondo – dopo Cina e Corea del Sud – con un orderbook pari a una quota di mercato globale dell’8%; ed terzo – dopo Cina e Grecia – anche per flotta, con quasi 8.700 navi, per circa 263 milioni di tonnellate di portata lorda. La percentuale eccezionalmente alta di utilizzo del trasporto marittimo è legata al fatto che il Paese non ha risorse naturali, dipende da altri per il cibo e non è collegato via terra ad altre nazioni; per contro, beni essenziali come petrolio e grano sono troppo pesanti per essere trasportati per via aerea. Dunque, garantire un trasporto marittimo stabile è alla base dell’esistenza sociale ed economica del Giappone. Anche per questo, la flotta nazionale giapponese è una delle più grandi al mondo e la cantieristica sostiene sia la domanda di costruzione nazionale, sia quella di navi da guerra e pattugliamento, per la sicurezza marittima del Paese.
L’Italia, da parte sua, è al quarto posto in Ue per valore aggiunto dell’economia del mare (dopo Germania, Francia e Spagna) e quinta per numero di occupati (dopo Spagna, Germania, Grecia e Francia); possiede la prima flotta al mondo di navi ro-ro (per il trasporto rotabili) e, quanto a costruzione di unità da crociera, copre il 40% del mercato mondiale. Nel 2023, attraverso il Cipom (Comitato interministeriale per le politiche del mare), l’Italia ha approvato il suo primo Piano nazionale del mare. Un progetto, fortemente voluto da Musumeci, a cui il ministro ha subito dato seguito, promuovendo la predisposizione di una bozza di disegno di legge (approvata dal Consiglio dei ministri), per rilanciare l’economia del mare; la redazione di un’ulteriore bozza di ddl (anche questa vidimata dal Cdm) che concerne la sicurezza delle attività subacquee; e l’istituzione (con la legge 101/2021) del Dipartimento per le politiche del mare, presso la presidenza del Cdm.