C’è un filo rosso che lega l’Italia e il Giappone sull’energia. Perché il governo di Tokyo ha deciso di accelerare il suo percorso verso il net zero intraprendendo una strada per molti aspetti simile a quella già battuta dal nostro Paese. Che, soprattutto dopo la decisione della Russia di ridurre le forniture gas verso l’Europa, ha puntato ancor di più sulla diversificazione del proprio mix energetico.
Cambio di strategia
Lo stesso obiettivo, infatti, è al centro del piano delineato dal premier nipponico, Shigeru Ishiba, a fine dicembre e finalizzato a incrementare in modo assai significativo la quota di rinnovabili all’interno del mercato domestico. Partendo, innanzitutto, da un deciso cambio di strategia rispetto alle restrizioni avviate dal Paese nel 2011, quando un violento terremoto innescò uno tsunami nella parte settentrionale devastando la città costiera di Okuma, sita nella prefettura di Fukushima, e causando, come noto, un gravissimo disastro alla centrale nucleare ospitata nella regione.
Non ci sarà, dunque, la messa al bando degli impianti – sostenuta peraltro, in passato, dallo stesso Ishiba prima di diventare il leader del Partito Liberal Democratico -, perché il governo vuole, invece, rilanciare ora il nucleare “pulito” affiancandolo a una crescita molto forte delle rinnovabili. Nei piani ambiziosi del primo ministro, le energie verdi troveranno perciò sempre più spazio nel soddisfare il fabbisogno interno. L’obiettivo, infatti, è quello di raggiungere, entro il 2040, l’asticella del 50% di produzione per le energia alternative come il solare e il fotovoltaico (con un target minimo, comunque, del 40%), in modo da puntellare il traguardo della neutralità carbonica. Mentre il nucleare dovrebbe costituire circa il 20% del futuro mix nazionale in base a una traiettoria che, per la verità, era già stata tratteggiata dall’ex premier Fumio Kishida e che Ishiba ha fatto adesso propria correggendo la sua originaria ostilità.
Un’inversione di tendenza, quindi, non da poco se si considera che, secondo gli ultimi dati dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), le fonti rinnovabili hanno rappresentato l’anno scorso nel Paese del Sol Levante poco più di un quarto della produzione di energia elettrica, ancora dipendente per il 60% da carbone e gas naturale. Mentre il nucleare – che, prima dell’incidente Fukushima, nel 2011, assicurava circa il 30% dell’elettricità giapponese con 54 reattori attivi – pesa oggi per circa l’8,5 per cento. Ma questo dato dovrà decisamente aumentare anche perché il nuovo piano servirà a sostenere la crescita impetuosa dei consumi energetici alimentata dalla diffusione dei data center, che sono dei grossi energivori, e dall’industria dei semiconduttori che il Giappone vuole rilanciare.
Un ponte tra Italia e Giappone
Per farlo, quindi, Ishiba dovrà far accelerare la “macchina” su entrambi i fronti. Superando anche le non poche resistenze dell’opinione pubblica verso il nucleare, considerato invece dall’esecutivo un passaggio imprescindibile verso la neutralità carbonica. E questa mossa richiama la strategia del governo italiano che, su input del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha riaperto la partita, lanciando nei mesi scorsi una Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile e approvando, più di recente, un disegno di legge delega con l’obiettivo di ricostituire un quadro normativo in grado di supportare il ritorno al nucleare. Posizioni, quindi, molto vicine a quelle del governo di Tokyo. Non a caso il ministro Pichetto Fratin è atteso in Giappone dopo l’estate affinché Osaka 2025 e il Padiglione Italia creino anche “un ponte” tra i due Paesi su una tessera cruciale per il futuro di entrambi come la politica energetica.