Ci risiamo. Le banche degli utili “più alti di sempre” tornano a colpire modificando unilateralmente le condizioni del conto corrente con motivazioni che spesso sembrano più pretestuose che giustificate. Lo fanno adducendo la necessità di riequilibrare il rapporto economico con i clienti, senza considerare, però, che i 1.364 miliardi di giacenze a vista sui conti correnti di fine aprile – remunerate con lo 0,21% alle famiglie e lo 0,62% alle imprese – continuano a produrre annualmente 39 miliardi di margine finanziario: 13 miliardi in più rispetto al giugno 2022 (fine dei tassi negativi) e 15 sul dicembre 2007 (prima delle crisi).
Questa volta ci viene segnalato il caso di Bper, un istituto di credito che su questo fronte negli ultimi anni era anche stato tra i più attenti a non sovra caricare di costi i clienti con modifiche unidirezionali sempre al rialzo. Con una comunicazione del 28 marzo scorso, la banca emiliana ha informato i correntisti che dal 1° luglio aumenterà le spese di tenuta conto a loro carico. Le motivazioni richiamano due fattori esogeni che per la banca avrebbero determinato un persistente impatto sfavorevole sull’attività di deposito e di gestione dei conti correnti. Il primo evento indicato è l’azzeramento della remunerazione applicata dal 20 settembre 2023 alla riserva obbligatoria, costituita dalle banche presso Banca d’Italia. Il secondo motivo addotto è il rafforzamento patrimoniale richiesto – con riferimento ai rischi operativi imputabili ai conti correnti in proporzione alla sola loro quota di commissioni – dalle modifiche apportate dal Regolamento Ue 2024/1623 del 31 maggio 2024.
Sembrerebbero giustificazioni inadeguate per ribaltare “a piè di lista” sui correntisti oneri imposti dalla Bce alle singole banche. Così come il dichiarato scopo di riequilibrare le condizioni contrattuali pare non considerare gli attuali maggiori margini su tassi e spese rispetto a quelli originari, in passato peggiorati facendo riferimento a giustificati motivi poi venuti meno (es. tassi negativi).
Poiché si tratta di eventi che, come ricordato da Bper, interessano tutto il sistema bancario, per scongiurare il rischio di un diffuso proliferare di modifiche unilaterali emulative da parte di altre banche, sarebbe opportuno che Banca d’Italia intervenisse tempestivamente. Va ricordato, infatti, che per variare le condizioni le banche possono ricorrere all’art. 118 del Tub, ma solo qualora sussista un giustificato motivo e non un semplice pretesto. E che il cliente correntista (specialmente se contraente debole non professionista) è meritevole di ricevere un surplus di tutela sostanziale al fine di ripristinare una condizione di parità tra i contraenti, anche in merito alla configurabilità di un obbligo per le banche di modificare in melius le condizioni contrattuali, a seguito di mutamenti degli scenari di mercato di segno opposto rispetto a quelli che avevano giustificato la variazione in peius. Se così non fosse le modifiche unilaterali ex art. 118 Tub devierebbero dalla loro funzione.
Parrebbe pertanto necessario: a) prevedere in capo alle banche l’onere di pubblicare, nell’area trasparenza del sito web, tutte le modifiche unilaterali comunicate ai clienti ex art. 118 Tub, al fine di poter valutare la correttezza dei comportamenti post-contrattuali dell’intermediario; b) prescrivere l’obbligo della banca di provvedere alla formale modifica migliorativa quando sia venuto meno il giustificato motivo addotto per la precedente modifica peggiorativa, disponendo altresì l’inefficacia di quest’ultima dal momento della sopravvenienza di segno contrario.