Il Fondo monetario internazionale si prepara a tagliare le stime di crescita globale e ad alzare quelle sull’inflazione per alcuni Paesi, come hanno già fatto l’Ocse e praticamente tutti gli istituti economici nazionali, insieme agli uffici studi di banche e società: è il prezzo della guerra dei dazi scatenata da Donald Trump. Un allarme appena rilanciato anche da Federal Reserve e Banca centrale europea. Stime, statistiche e previsioni dell’Fmi arriveranno la prossima settimana, quando sarà pubblicato l’aggiornamento del suo World Economic Outlook. Intanto, la direttrice generale, Kristalina Georgieva, anticipa che le nuove proiezioni rifletteranno «notevoli riduzioni, ma non una recessione».
Lo scenario
A gennaio, il Fondo monetario aveva fissato al 3,3% l’aumento previsto del Pil mondiale, sia nel 2025 che nel 2026, dopo il 3,2% del 2024. Un passo già «fiacco» e per di più esposto all’incognita Trump, che in questi mesi si sta rivelando deleteria come si temeva. Tanto che a marzo, l’Ocse ha già tagliato le stime sul Pil mondiale al 3,1% nel 2025, lo 0,2% in meno rispetto a quanto indicato a dicembre. Nel 2026, la crescita si fermerebbe al 3%, lo 0,3% in meno.
Il 16 aprile, la Wto ha avvisato che la guerra dei dazi congelerà il commercio globale, che quest’anno potrebbe registrare un calo compreso tra lo 0,2% e l’1,5%, a seconda di quanto alto sarà il muro tariffario che Trump intende erigere attorno agli Stati Uniti.
Il costo dell’incertezza
Stimare l’impatto che il protezionismo avrà sull’economia mondiale e sui singoli Paesi non è semplice, in un quadro continuamente ridefinito dall’erraticità che domina alla Casa Bianca, tra annunci, ripensamenti e rilanci, legati più a idiosincrasie personali e giochi di forza che a logiche economiche, dalle quali le decisioni sui dazi sembrano anzi del tutto avulse.
Alcuni punti fermi ci sono, però. Nel consueto discorso che anticipa i temi delle riunioni dell’Fmi, in programma la prossima settimana a Washington, Georgieva sottolinea, per esempio, che già la sola «incertezza ha un costo». Lo si vede ogni giorno sui mercati. Dalla finanza all’economia reale, «in un mondo di dazi bilaterali, che possono spostarsi verso l’alto o verso il basso, pianificare diventa difficile. Il risultato? Navi in mare senza sapere in quale porto salpare; decisioni di investimento rinviate; volatilità; risparmio precauzionale. Più l’incertezza si prolunga, maggiore è il costo».