Gli agenti dell’Fbi hanno fatto irruzione nell’abitazione di John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Trump, a Bethesda, nel Maryland. L’operazione, iniziata intorno alle 7 del mattino, rientra in un’indagine di alto profilo sulla gestione di documenti classificati già iniziata anni fa, ma che l’amministrazione Biden aveva chiuso «per motivi politici», secondo un alto funzionario statunitense. Lo ha rivelato il New York Post, confermato poi da altre testate internazionali. Al momento, Bolton non è stato arrestato né formalmente incriminato.
Mentre gli agenti erano in azione, il direttore dell’Fbi Kash Patel, nominato da Trump a febbraio 2025, scriveva su X: «Nessuno è al di sopra della legge. Agenti FBI in azione». Nessun riferimento esplicito a Bolton, ma il collegamento alla vicenda in atto è stato per molti osservatori immediato. Lo ha riportato il New York Post, proprio mentre il direttore dell’Fbi nominato da Trump, twittava: «Nessuno è al di sopra della legge. Agenti Fbi in azione».
Bolton pubblica un messaggio critico verso Trump durante il raid
L’account X di Bolton ha pubblicato un messaggio alle 7:32 del mattino ora locale in cui criticava l’approccio di Trump alla guerra della Russia contro l’Ucraina, proprio mentre gli agenti dell’Fbi si trovavano all’interno della sua abitazione. Non è chiaro se si trattasse di un post programmato. Questo il testo del messaggio, tradotto:
“La Russia non ha cambiato il suo obiettivo: trascinare l’Ucraina in un nuovo impero russo. Mosca ha chiesto all’Ucraina di cedere il territorio che già detiene e il resto del Donetsk, che non è riuscita a conquistare. Zelensky non lo farà mai. Nel frattempo, gli incontri continueranno perché Trump vuole il Premio Nobel per la Pace, ma non vedo alcun progresso in questi colloqui”.
Bolton non è un ex collaboratore qualunque. Conservatore di lungo corso, già ambasciatore alle Nazioni Unite sotto George W. Bush, è stato consigliere per la sicurezza nazionale di Trump tra il 2018 e il 2019. Il rapporto si è poi incrinato rapidamente, tra divergenze sulla Corea del Nord, sull’Iran e soprattutto sulla Russia.Dopo il suo allontamento, è diventato una delle voci più ostili al tycoon, accusandolo di superficialità in politica estera e di perseguire obiettivi personali più che strategici. La rottura definitiva è avvenuta nel 2020, con la pubblicazione del suo memoir, The Room Where It Happened.









