I derivati apparentemente più semplici e trasparenti (i plain vanilla) non sfuggono alla tagliola della nullità se privi degli elementi essenziali di determinabilità dell’oggetto contrattuale. Due recenti sentenze (Tribunale e Corte d’Appello di Roma) hanno stabilito la nullità di due Interest rate swap (Irs, prevedono il semplice scambio di un tasso fisso contro uno variabile) per assenza di parametri chiari nella determinazione del Mark to market (Mtm) e per la presenza di costi impliciti non dichiarati. Le due controversie (coordinate dalla società Martingale Risk) riguardano Banca nazionale del lavoro (Bnl) e Monte dei Paschi di Siena (Mps) e, fino ad adesso, hanno visto la vittoria dei clienti. Sulle vicende legate ai derivati, però, l’orientamento continua a non essere uniforme nelle varie sedi di giudizio.
Bnl: Mtm e costi nascosti
La Corte d’Appello di Roma (sentenza n. 3624 del 10 giugno 2025) ha ribaltato completamente il giudizio di primo grado, dando ragione a una società romana del settore immobiliare nella controversia contro Bnl (probabilmente intenzionata a ricorrere in Cassazione). La società aveva sottoscritto nel 2005 un Irs apparentemente finalizzato alla copertura del rischio di tasso su un finanziamento a tasso variabile. L’operazione, però, si era rivelata un boomerang finanziario, generando perdite superiori ai 550mila euro.
Il punto cruciale della decisione d’appello riguarda la mancata indicazione del metodo di calcolo del Mtm nel contratto. La Corte ha sottolineato come questa omissione rappresenti un vizio fatale che impedisce all’investitore di valutare il reale valore economico dell’operazione, compromettendo la razionalità della negoziazione.
Il ragionamento della Corte capitolina si allinea perfettamente con l’orientamento consolidato della Cassazione, in particolare con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 8770/2020, secondo cui l’impossibilità di determinare o calcolare il Mtm rende il contratto nullo per indeterminatezza dell’oggetto.
Oltre al problema del valore di mercato (Mtm), la Corte ha individuato un secondo profilo di criticità nella presenza di costi impliciti non dichiarati, celati nella determinazione del tasso fisso applicato alla società. Questi oneri occulti hanno alterato un elemento essenziale del contratto, contribuendo alla dichiarazione di nullità. Il risultato? Bnl è stata condannata a restituire 557mila euro alla società, importo che comprende sia le perdite effettivamente subite, sia i costi nascosti accertati dalla Consulenza tecnica d’ufficio (Ctu).




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