Una sintesi della relazione di Alberto Cavaglion al convegno per il centenario del romanzo «La coscienza di Zeno» in programma a Trieste dal 12 al 14 ottobre
Svevo «testimone inattendibile»? Sulle confessioni menzognere dello scrittore triestino esiste una vasta bibliografia. Quanto inchiostro è stato versato sul rispecchiamento tra Ettore Schmitz, autore reale, che si specchia nell’autore inventato, Italo Svevo, che a sua volta si specchia in Zeno, protagonista di un romanzo dove si confronta con il dottor S., che forse potrebbe essere l’autore stesso delle pagine che stiamo leggendo? Si esce da questo labirinto di voci con la testa confusa e si perde di vista la profondità dei suoi insegnamenti.
Un fronte di critica sveviana nuovo va dunque aperto sulla storia della sua fortuna. Svevo maestro delle scritture civili. Va riscoperta l’immagine di uno scrittore che è stato di conforto agli oppositori del regime finiti in carcere, a quei giovani pronti a salire sui monti per combattere il nazismo.
La Coscienza figura tra i libri che Antonio Giuriolo mette in mano a Luigi Meneghello, l’autore dei Piccoli maestri. Un “piccolo maestro” anche Schmitz? Perché no. Due nomi soltanto: Vittorio Foa e Primo Levi.
Durante la sua detenzione a Regina Coeli Foa scoprì di essere affetto dal morbo di Basedow: «Doloravo in tutto il corpo, ero oppresso dal batticuore e soprattutto ero sfigurato. Era la famosa “facies basedowiana” di Ada nella Coscienza di Zeno di Svevo: gli occhi in fuori e il viso stravolto. Dal Basedow si finiva col guarire ma le “facies” non si cancellavano più. Mia madre, quando mi vide mi disse sorridendo “Hai perso l’unica cosa bella che avevi”. Non mi offese e glielo ricordai con affetto nella prima lettera che le scrissi dopo la visita. Nella crudezza della frase c’era solo tenero rimpianto per lo sguardo profondo del suo ragazzo che le sue amiche francesi chiamavano le garçon aux yeux chauds». Il dualismo basedowiani-antibasedowiani diventa nelle lettere di Foa metafora della lotta fascismo-antifascismo
Scorrendo le sue lettere dal carcere si assiste a una specie di sdoppiamento identitario: «Basedow sta bene e vi saluta […] Basedow è stazionario: non ho ancora cominciata la cura perché le medicine non sono ancora arrivate; ho visto il medico che mi ha detto che avrebbe inoltrato le prescrizioni per la cura antitiroidica» (14 maggio 1939). C’è anche un pizzico di civetteria: «I miei occhi sono esorbitanti: so bene che questo non è il male ma il sintomo del male; purtuttavia, quando mi accade di specchiarmi nel vetro della cella, quel che vi è di femminile in me (come in ogni uomo) rimane male alla vista di quello sguardo inespresso» (9 luglio 1939).
Stessa sorpresa suscita ritrovare Svevo nell’opera di Primo Levi: l’accostamento, di primo acchito, potrebbe sembrare scandaloso. Non vi sono soltanto affinità confinabili in una serie di coincidenze biografiche: la volontà di entrambi di continuare a fare vernici come se niente fosse, la sfortuna editoriale che li accomuna: il debutto sfortunato de La coscienza di Zeno come di Se questo è un uomo, rifiutato da Einaudi e pubblicato per coraggiosa iniziativa di Franco Antonicelli dalle edizioni De Silva. Nel mercato d’antiquariato oggi è parimenti costoso scovare una prima edizione dei due capolavori.
Sia La coscienza sia Se questo è un uomo prevedono nella parte conclusiva il passaggio a una dimensione diaristica. Così è notevole che di Svevo Levi ricordi l’episodio drammatico: la morte del padre di Zeno: «Ha la ruvidezza della verità la notazione di Svevo, là dove spiega così spietatamente l’agonia del padre». Dall’episodio della morte del padre, ne I sommersi e i salvati si cita una frase: «Quando si muore si ha ben altro da fare che di pensare alla morte. Tutto il suo organismo era dedicato alla respirazione».
Ruvidezza della verità, la vita orrida vera. È il tratto che unisce i due autori. Non sappiamo dire con esattezza quando Levi abbia letto per la prima volta La coscienza. Forse dopo aver scritto Se questo è un uomo. E solo allora scatta il confronto. Al culmine del capitolo «La morte del mio padre» Svevo aveva dato una descrizione dell’agonia del vecchio Cosini, che Levi, molti anni dopo, non fatica a riconoscere come affine a quella dell’agonia di Sómogyi: «Il suo gemito era cessato, ma la sua insensibilità era assoluta». Il padre di Zeno «aveva una respirazione frettolosa, che io, quasi inconsciamente, imitavo. Non potevo respirare a lungo su quel metro e m’accordavo delle soste sperando di trascinare con me al riposo anche l’ammalato».
Al di là delle estrinseche affinità biografiche è nella rivisitazione «a posteriori» dell’episodio di Sómogyi che si nasconde la chiave di un comune ragionamento sugli effetti che la sofferenza umana produce attraverso il ricordo. Svevo riesce a trasmettere a Levi una lezione fondamentale: solo la «memoria artificiale» (libresca) può consolidare l’«avvenire dei ricordi».
Il capolavoro di Italo Svevo La coscienza di Zeno, che compie cent’anni (venne pubblicato nel 1923), ha ispirato nel Novecento narratori e autori di cinema, di teatro in Italia e anche all’estero, dove è stato tradotto in circa una trentina di lingue. Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario promosse dal Comune di Trieste insieme a molte altre istituzioni, si svolgerà da giovedì 12 a sabato 14 ottobre nel capoluogo il convegno internazionale Cent’anni di Zeno. Ricezione, riscritture e traduzioni de «La Coscienza di Zeno» di Italo Svevo dal 1923 a oggi.
Le tre giornate, promosse dal Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Trieste, metterà a confronto circa cinquanta studiosi ed esperti di Svevo (Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, Treviso, 13 settembre 1928) da tutto il mondo, intorno alla fortuna del libro: tra gli interventi, quello di Alberto Cavaglion su Vittorio Foa e Primo Levi lettori della Coscienza e di Gino Ruozzi su Lo Svevo di Pontiggia; Nunzia Palmieri si occuperà delle Tracce alchemiche nella Coscienza di Zeno, e Claudio Gigante parlerà de I
l romanzo del desiderio. Tra gli altri relatori, a conferma del respiro internazionale della sua opera, Sawa Ishii dell’University of Foreign Studies di Tokyo interverrà su La traduzione delle opere di Italo Svevo in Giappone. La direzione scientifica del forum è di Tiziana Piras, Helena Lozano Miralles, Sergia Adamo, Paolo Quazzolo e Riccardo Cepach.
Tra le prossime iniziative per i cent’anni, oltre al Meme contest su Svevo per le scuole superiori di tutta Italia, martedì 21 novembre la Giornata della Lettura ad alta voce diventerà una «Giornata sveviana», a cura dell’Associazione degli italianisti, con maratone di lettura della Coscienza di Zeno; mentre nel giorno del compleanno dello scrittore triestino, martedì 19 dicembre, la sua città natale proporrà spettacoli, eventi, concerti e passeggiate letterarie.
11 ottobre 2023 (modifica il 11 ottobre 2023 | 16:45)