A Norimberga si present come un esecutore di programmi, non un progettista, e attribu la responsabilit dei suoi crimini alla complessit e all’efficacia dell’apparato tecnico tedesco. Ma non si processano i carri armati, bens gli umani che stavano dietro di essi
Pubblichiamo un testo del filosofo Maurizio Ferraris da Critica della ragione progettuale (a cura di Alessandro Armando e Giovanni Durbiano, il Mulino). Del volume si discuter gioved 6 aprile, ore 21, al Circolo dei Lettori di Torino (via Bogino 9) nell’incontro Sull’architettura, “ultima fortezza della metafisica” con i curatori e con Filippo Barbera, Filippo De Pieri e Maurizio Ferraris. Il libro propone una discussione critica sul progetto di architettura, inteso come forma di conoscenza, strumento di potere e dispositivo per agire, mettendo l’esperienza pratica degli architetti alla prova della filosofia.
Mezzo secolo fa Venturi e Scott Brown esortavano gli architetti, cui presto tennero dietro i filosofi, a imparare da Las Vegas. Col senno di poi, e avendo sperimentato i limiti del postmoderno mi chiedo se non valga la pena di imparare da Norimberga e da un suo testimone secondario, Albert Speer. Non perch tutti gli architetti debbano comportarsi come lui, quanto perch nella vicenda umana della collaborazione tra Speer e Hitler si concentra, come in una caricatura grottesca ma espressiva, l’insieme dei tratti distintivi del progetto architettonico. In effetti, gli attori del progetto, ossia il committente, l’architetto, l’opera e il ritardo (ossia la differenza costitutiva che intercorre fra il progetto pensato e quello realizzato) sono esasperati dalle circostanze: il committente un tiranno, l’architetto un demiurgo, l’opera un fallimento rispetto al progetto, e il ritardo un modo d’essere che, presente in ogni progetto, qui si manifesta con una evidenza che non ha uguali.
Partire da un tribunale in una citt bombardata di fresco e dopo una guerra spaventosa invece che da un complesso di alberghi e casin nel deserto gi un modo per sottolineare sin dall’inizio la responsabilit del progetto. Norimberga anzitutto lo scenario delle architetture neogreche che l’architetto di Hitler prepar per i raduni nazisti degli anni Trenta, e che sono magnificate da Heidegger nel suo saggio sull’Origine dell’opera d’arte, dove il tempio greco in effetti la riproduzione dell’ara di Pergamo rifatta da Speer. E, soprattutto, come le colonne luminose che circoscrivono lo spazio dirigendosi in alto, all’infinito, cos come infinito era, nelle attese, l’impero che si stava costruendo a partire da Norimberga. Tuttavia, il tribunale che nel 1946, a Norimberga, non composto da redattori di Casabella, e giudica Speer non per i giochi di luce, n per la Nuova Cancelleria n per le eleganti poltroncine che arredavano il salottino di Hitler nel Bunker sottostante, ma per il suo operato in veste di ministro degli armamenti. Un incarico politico come pochi altri, ma conferito, come giusto che sia, a un tecnico. E a ben vedere l’attivit di Speer come ministro degli armamenti incarna l’essenza della progettualit architettonica pi di qualunque altro progetto: progettare una linea di produzione di carri armati molto pi storicamente decisivo del costruire una villa a Berchtesgaden, anche se la villa ancora l, in ottimo stato e i carri furono fatti a pezzi a Kursk o a Sandomierz, a Bastogne o a Caen, sul Vallo Atlantico o sulla Linea Sigfrido. Proprio l’attrito del reale accomuna gli architetti degni di questo nome al ministro di Hitler. Non programmi, prescrizioni di carta, simili davvero ai piani militari di Benningsten, Barclay de Tolly e Schwarzenberg (“die Erste Kolonne marschiert, die Zweite Kolonne marschiert…) regolarmente ridotti a carta straccia da Napoleone. Come ha scritto Helmuth von Moltke, lo stratega del trionfo prussiano del 1870, Solo i profani intravedono nello svolgimento di una campagna la coerente esecuzione di un’idea originale, in precedenza elaborata in tutti i suoi dettagli dal comandante e al quale rimasto fedele fino alla fine. questo principio che ha guidato Speer nel ritardare la catastrofe, con una strategia anche pi impeccabile di quella di Kesselring sul fronte italiano, ed di questo che doveva rendere conto nel tribunale alleato.
Di fronte al tribunale, Speer adott una linea politica destinata a far scuola. Diversamente dalla maggioranza dell’establishment nazista si dichiar colpevole dei reati che gli venivano imputati. Il che ovviamente predispose in modo favorevole i suoi giudici. Ma il colpo da maestro ebbe luogo con la dichiarazione finale resa il 31 agosto 1946, in cui la responsabilit fondamentale dell’accaduto veniva ascritta alla complessit e all’efficacia dell’apparato tecnico tedesco, declassando il progetto per trasformarlo in programma, in algoritmo. Cherchez la femme: il tecnico incolpa la tecnica. Il discorso di Speer apriva le ampie prospettive della non responsabilit dei tecnici che tuttora vige nel senso comune e insieme permetteva di realizzare una specie di distopia alla Metropolis, quella secondo cui gli umani, nell’et della tecnica sarebbero ridotti ad automi, e per giunta schiavizzati dalle macchine che essi stessi hanno prodotto. Cos Speer: Con l’ausilio di mezzi tecnici, come la radio e l’altoparlante, la volont di un solo uomo ha potuto dominare ottanta milioni di uomini. Cio la volont di Hitler. L’autoassoluzione di Speer, il volere addossare tutta la colpa alla tecnica e al suo primo mandante, Hitler allora, il Neoliberismo oggi, davvero debole. Quanto pi una tecnica sofisticata, tanto maggiore l’autonomia che concede all’umano, e dunque la responsabilit che gli pone in capo, a lui, in prima persona, senza schermarsi con gli argomenti di Speer nel 1946 poi ripresi tacitamente da Heidegger nella conferenza sulla tirannia della tecnica tenuta a Brema nel 1949, e destinata a far scuola. Perch la tecnica non pu aver colpe, non si processano pugnali, automobili o carri armati, ma gli umani che, a diversi titoli, stavano dietro di loro, che li avevano progettati, anche se poi, nell’epoca dell’automazione, a realizzarli bastato un algoritmo. L’algoritmo innocente, perch non pu essere colpevole, il progetto, invece, comporta sempre una responsabilit e una intenzione, per quanto grandi siano i vincoli e gli ostacoli con cui pu urtarsi.
Travestito da esecutore di programmi, come i generali che fuggono travestiti da soldati o da civili, Speer non poteva negare l’evidenza, il fatto di essere un progettista, di avere architettato tutto ci che ha fatto e ha fatto fare. Succeduto a un ingegnere, Fritz Todt, fu il superiore di un altro ingegnere, Franz Xaver Dorsch, il progettista del Vallo Atlantico, muraglia cinese in cemento armato che dopo la guerra ha conosciuto una seconda vita come meta per gli appassionati di architettura. Ossia un immenso recinto su un territorio che col passar del tempo fu disseminato da tane. E ci si chiede quanti ordini, quante disposizioni e norme, quanti problemi e soluzioni stessero dietro alla piramidi della Tana del Lupo perse in un bosco polacco proprio come le piramidi Maya invase dalla foresta a Chichn Itz o come i casermoni di Cernobyl. Si tratta di progetto allo stato puro. E se dovessimo riunire sotto un unico nome il progetto di Speer, questo sarebbe: la tana. Speer non ha fatto altro che produrre tane, grandi o piccole, per il Capo, muri solidi per difenderlo quando le cose volsero al peggio (nel 1935 i muri erano fasci di luce, nel 1945 sono cinque metri di cemento armato), e armi adatte per tenere il pi possibile i nemici alla larga da quei muri. In quanto costruttore di tane, qui Speer aveva risposto ai bisogni non solo del tiranno, ma anche della fidanzata e moglie in extremis di quest’ultimo, Eva Braun. Era sottomessa, discreta e tutt’altro che tirannica, e in questo senso si pu immaginare che il rapporto fosse simile a quello che gli architetti spesso si trovano a intrattenere con le giovani mogli dei tiranni che chiedono tane, d’accordo con il ben noto nesso tra potere e sopravvivenza, illudendosi talora di predisporre dei nidi. Il fatto che Hitler non avesse un harem decisamente semplificava le interlocuzioni di Speer, anche perch Eva, amante del jazz e delle canzoni sentimentali era probabilmente molto pi in sintonia con la Stimmung fondamentale dell’elegante architetto di Heidelberg. Rose rosso sangue mi parlano di te era una canzone dell’epoca che piaceva molto sia a Eva sia ad Albert. Per Eva Albert, rivelando la sua versatilit, disegn, a proposito di rose rosso sangue, il sof su cui giacquero immobili gli sposi novelli dopo il suicidio.
La progettualit minore nel Bunker non necessariamente atipica (sono tantissimi gli architetti che si sono cimentati anche con l’arredo e il design), fa da controcanto alla progettualit maggiore che, viceversa, fra tutti gli architetti della storia tocc in sorte solamente a Speer: l’organizzazione materiale dello sforzo militare tedesco. Muri, casematte, fossi anticarro. Sembrano cose da ingegnere e non da architetto, ma una volta che ci si mette nell’orizzonte complessivo della tana il progetto diventa pi chiaro. Il committente ha bisogno di tane, e l’architetto gliele progetta. classicamente il caso della Tana del Lupo a Rastenburg, nell’allora Prussia Orientale e nell’attuale Polonia, la sede del comando militare di Hitler dall’avvio della Operazione Barbarossa sino all’inverno 1944, quando Hitler la abbandon per spostarsi a Occidente in un’altra tana, il Nido d’Aquila di Bad Nauheim da cui diresse l’offensiva delle Ardenne, prima di trincerarsi nel Bunker della Cancelleria che sar la il suo ultimo approdo di terra, la sua ultima tana e la sua tomba provvisoria. La tana esemplare resta dunque la tana del lupo, nata nei tempi euforici dell’avanzata come una residenza temporanea prima di Mosca – per qualche tempo, tra il 1942 e il 1943 Hitler la lasci per trasferirsi in una postazione pi avanzata, in Ucraina, a Vinnycja, battezzata Werwolf, lupo mannaro. La tana di Rastenburg era inizialmente fatta di baracche di legno, ma lo stagnare della guerra, il rischio di colpi di mano sovietici (e in effetti tedeschi, il 20 luglio del 1944) e la paranoia di Hitler imposero dei lavori faraonici alla organizzazione di Speer. I sovietici, che la occuparono il 27 gennaio 1945, lo stesso giorno della liberazione di Auschwitz, attraversarono esterrefatti il complesso che inutilmente i tedeschi in ritirata avevano cercato di demolire con tonnellate di esplosivo. Quelle rovine, immense piramidi per un faraone morto altrove, sono ancora oggi visibili, segno della sopravvivenza di un progetto realmente gettato, sorto per scopi pratici e con materiali che gli assicuravano l’immortalit particolarmente tenace che spetta all’infamia.
Difendendosi, scavando a sua volta una tana di parole, invocando dispositivi e programmi, nascondendosi dietro a un Diktat, Speer apre, come dicevo, una strada che sar battutissima dopo di lui, quella del progetto gettato, del fatto che tutto il nostro progettare non altro che l’esecuzione di un Messaggio dell’Imperatore, il sottomettersi alle ingiunzioni della tecnica. Ma se comprensibile come linea di difesa, quella del progetto gettato (cio a parlarsi chiaro: dettato) non una motivazione accettabile, specie fuori di un tribunale. E, se il progetto non dettato, un vero progetto, l’anticipazione di una idea destinata a cambiare quanto si vuole nel suo farsi, ma che comunque l’idea di qualcuno e non la prescrizione di un destino cinico e baro. Responsabile in tutto e per tutto in quanto progettista, condivideva la responsabilit, al cento per cento, come un peso che non si divide ma si moltiplica, con il committente, che, nell’antichit, veniva ricordato al posto dell’architetto. il committente che ha bisogno del progetto, lui che ne indica le finalit, lui che ne permette la fattibilit, almeno sino a che i Russi, nel nostro caso, entrano nel suo palazzo e lo costringono al suicidio nel Bunker. Malgrado ci, anzi, proprio per ci, Speer fa il possibile per declassare a programma, cio a mera esecuzione di ordini, un progetto che aveva certo condiviso con un committente, ma che non cessava di essere un progetto, anzi. A un certo punto, sostiene, aveva progettato l’uccisione del committente. Ma era troppo tardi.
Ed era troppo tardi anche quando, nei mesi di un tracollo sospeso tra Wagner e Cline, Speer si era trovato di fronte a un serio caso di coscienza, quello di progettare la distruzione dell’intero apparato infrastrutturale e industriale tedesco per fare terra bruciata davanti all’ avanzata russa. Era ci che prescriveva l’ordine Nerone emanato da Hitler il 20 Marzo 1945. Come sappiamo, Speer, d’accordo con i vertici dell’industria tedesca, non esegu l’ordine. E ci racconta anche del rocambolesco atterraggio a Berlino il 26 aprile del 1945 per un estremo commiato dal suo grande committente a cui, ci narra, confess di avere disubbidito. Ora, se ha potuto disubbidire, perch in precedenza aveva scelto di ubbidire, manifestando quella discrezionalit che il contrassegno dei progetti. E quando ha disobbedito, ripeto, era troppo tardi, e troppo poco. Fortunatamente pochi esseri umani portano su di s colpe paragonabili a quelle di Speer o, dall’altra parte, di Bomber o Butcher Harris, il comandante dei bombardieri strategici inglesi. A maggior ragione, non c’ alcun serio motivo per imputare alla pretesa tirannia della tecnica le parole, opere od omissioni che retrospettivamente possono apparirci incaute o sciocche.
3 aprile 2023 (modifica il 3 aprile 2023 | 12:04)