«Ho mostrato la natura in disfacimento». L’artista piemontese scelta dalla giuria presieduta da Emilio Isgrò. Le opere finaliste in mostra fino al 15 ottobre
All’opera della artista torinese Giuliana Rosso, che denuncia l’ecoansia dei giovani, è stato assegnato il 22° Premio Cairo per l’arte contemporanea, organizzato dal mensile «Arte» diretto da Michele Bonuomo e assegnato lunedì 9 ottobre alla Permanente di Milano. L’opera è stata scelta tra venti finalisti under 40, «dopo un testa a testa con almeno un altro lavoro», da una giuria presieduta dal maestro Emilio Isgrò. È stata premiata quest’opera perché «rappresenta l’inquietudine e l’indeterminatezza della adolescenza in un ambiente tossico che evoca l’urgenza della questione ambientale e il problema della solitudine», si legge nel giudizio.
L’opera si intitola Stiamo bene negli acquitrini e, in linea con la poetica della trentenne artista raffigura due adolescenti, e una terza più nascosta, in una palude desolata, una specie di foresta disfatta, in mezzo a tronchi anneriti o spezzati come dopo una violenta tempesta. Le ragazze paiono ascoltare in solitudine della musica. Le tre figure appaiono vicine e al tempo stesso richiuse in un’intima solitudine, suggellata dai dispositivi che si portano appresso, ossia le cuffie di cristallo e il computer luminoso, che funzionano anche come protesi dei loro corpi. L’anatomia affilata delle ragazze, così come la predilezione per gialli e i verdi, richiamano un maestro dell’Espressionismo come Ludwig Kirchner. La tavolozza è ricca di colori e il metodo di realizzazione piuttosto strano per il contemporaneo: è un gessetto e carboncino su carta da spolvero preparato con gesso, un po’ come ci si predisponeva per gli affreschi nei secoli passati.
«Ho realizzato quest’opera nel 2023», racconta la vincitrice, nata a Chivasso nel 1992, abiti un po’ grunge e tono tra il commosso e l’esistenzialista. «Vuole trasmettere un senso di ibridazione del luogo dove ci troviamo oggi. Mentre la materia è sempre più scomposta, la natura è in disfacimento». Potrebbe avere un riferimento anche alle opere dell’artista polacca Anna Nowak per quella apparente ricerca di un tentativo di collocare i personaggi come in sospensione. Era la prima volta che la giovane artista partecipava al Premio Cairo, dichiara di non sapere come il riconoscimento cambierà la sua professione che, per ora, ha come gallerista «The Address» di Brescia. Donna, ecologista, formata all’accademia d’arte di Torino, Giuliana Rosso lavora da circa cinque o sei anni. Ora il suo primo riconoscimento.
Il Premio Cairo è nato nel 2000 dalla volontà del patron di sostenere i giovani artisti italiani, ed è stato un trampolino di lancio per molti: «A distanza di 23 anni dalla nascita del premio oltre 400 giovani artisti hanno potuto mostrare il loro talento», ha dichiarato Urbano Cairo. «Sono orgoglioso di valorizzare giovani: la concreta testimonianza è data dagli oltre cinquanta artisti che dopo aver partecipato a questa manifestazione hanno avuto la possibilità di esporre opere alla Biennale, entrando così nel circuito artistico maggiore».
Per la sua fase finale il premio è tornato nella sua «casa naturale», come ha ricordato Emanuele Fiano, presidente della Permanente di Milano, dove con quella di eri sono state presentate quindici edizioni del premio. «Qui è passata la storia della pittura italiana e da qui l’arte dà una spinta alla città. Il premio è un’opera di mecenatismo che serve alla cultura milanese e siamo grati che sia qui».
Il Premio Cairo è realizzato dalla rivista «Arte» (Cairo editore) diretta da Michele Bonuomo, che ha ricordato la centralità dell’opera nell’assegnazione del riconoscimento, opera che, però, deve «concentrare la personalità dell’artista». Nonostante ciascun partecipante abbia affrontato il lavoro secondo le proprie tecniche, nel complesso è apparso un forte riemergere — se non si vuole dire del figurativo — della disciplina pittorica, «la riaffermazione dello sporcarsi le mani con la pittura», ha dichiarato Bonuomo. A questo proposito, crediamo che siano state apprezzate anche le opere di Roberto De Pinto — con i suoi due giovani uomini distesi su un tappeto di fogli, bozze e schizzi a carboncino preesistenti che l’artista imprime sulla tela come monotipi — e quella di Alessandro Sicioldr Bianchi — una regina dagli occhi pieni di luce che accecano mentre siede su un trono roccioso in stile Vergine delle rocce. Vi erano, però, anche sperimentazioni materiche, come quelle di Eltjon Valle, un new-space ibrido con materiali resinosi, la composizione con due inquietanti corvi di Giorgio Salvato, la motocicletta-rebus tridimensionale di Martina Corà e i segni «rituali» su un lungo rotolo di carta giapponese custoditi da un puma in argilla di Nina Carini.
Le venti opere finaliste del Premio Cairo, quelle delle precedenti edizioni del premio e quelle della mostra che porta il nome della rivista «Arte» (al piano superiore) resteranno gratuitamente esposte al pubblico sino 15 ottobre.
La prima edizione del premio fu vinta da Luca Pignatelli con Treno, una locomotiva, ed è curioso notare che ora, artista affermato, dal 28 ottobre sarà in mostra a Villa Malpensata di Lugano con Astratto, quarantanove opere di grandi dimensioni ricavate da larghe porzioni di teloni ferroviari dismessi. La prima donna partecipante al Premio Cairo fu Chiara Dynys, proprio da oggi in mostra all’Archivio Agnetti con Sante subito e Fiori. I vincitori delle ultime tre edizioni erano stati Fabrizio Cotognini, Amsal Siedlecki e Giulia Cenci.
9 ottobre 2023 (modifica il 9 ottobre 2023 | 22:31)