In un saggio, edito da Solferino, Sergio Rizzo lancia un forte allarme per il dissesto crescente dei conti dell’Inps. Il sistema una bomba a orologeria difficile da disinnescare
Quando l’Italia era giovane e sfrontata, sicura di conquistare il futuro con la stessa facilit con cui si era lasciata alle spalle la guerra, con le sue ferite e le sue macerie, la sostenibilit della previdenza era l’ultima delle preoccupazioni. Eravamo poi uno dei Paesi pi popolati al mondo. Oggi siamo uno dei pi anziani. Il declino demografico largamente sottovalutato. Si scopre, leggendo Il Titanic delle pensioni di Sergio Rizzo (editore Solferino), che fino al 1945 il sistema pensionistico era a capitalizzazione, cio i contributi venivano versati in un fondo e poi investiti. Un po’ come fanno i fondi pensione oggi. Quelli che non riusciamo a far decollare per irrobustire il secondo pilastro della previdenza, visto che il primo, quello obbligatorio, ansima da tempo. L’Italia non era ancora stata liberata del tutto che un decreto luogotenenziale (1 marzo 1945) del governo Bonomi apriva alla ripartizione. Ovvero le prestazioni cominciarono a essere pagate anche con i contributi versati da chi era al lavoro.
Gli anziani allora erano pochi, le famiglie se ne facevano carico pi facilmente. E non solo perch le pretese erano modeste. Perdurava il riflesso di una civilt contadina nella quale le famiglie convivevano nelle cascine, si davano una mano reciproca in condomini affollati di bimbi verso i quali c’era pi tolleranza di oggi. La forte immigrazione interna, dal Sud verso il Nord, dall’Est — che non era ancora il Nord Est industriale e ricco di oggi — verso l’Ovest del triangolo industriale, ne rivoluzion composizioni e abitudini. Il saldo migratorio cambier di segno solo nel 1975, quando l’eccezionale sviluppo del dopoguerra rallenter inesorabilmente. Fino ad allora erano pi gli italiani che cercavano lavoro all’estero, riversando le loro rimesse ai parenti rimasti in patria, degli stranieri immigrati da noi.
Un sistema pensionistico a ripartizione non creava apparentemente alcun problema in un’Italia con tante persone al lavoro e relativamente poche in quiescenza. La previdenza divenne per, con il passare degli anni, un formidabile strumento di welfare reale e di immediato consenso politico. Nel 1969, il governo Rumor scelse definitivamente il sistema a ripartizione. Le pensioni di anzianit consentivano gi di lasciare il lavoro con 35 anni di contributi, indipendentemente dall’et. Nel 1973 arriv la versione pi audace, quella delle baby pensioni che consentivano di ritirarsi anche con meno di 35 anni.
Una follia costata alla collettivit — scrive Rizzo — 250 miliardi, per non parlare dell’impatto sulla scuola pubblica risultato devastante. Cominci, in quel decennio disgraziato, l’assalto corporativo al sistema pensionistico che ne avrebbe minato la sostenibilit. Ma chi mai avrebbe potuto opporsi al riconoscimento di contributi figurativi a favore di servitori dello Stato, di categorie disagiate, del grande bacino dei lavoratori agricoli, vaste categorie di votanti? O, in seguito, all’utilizzo del pensionamento anticipato per risolvere grandi crisi aziendali?
L’amara realt che emerge dal pamphlet di Rizzo che il concorso di colpa stato, salvo poche eccezioni, pressoch generale. Non sempre l’essere bipartisan un merito. In materia pensionistica, sia a livello statale ma in particolare nelle Regioni, l’uso di leggine ad hoc, provvedimenti su misura per pochi privilegiati — politici, sindacalisti — emendamenti dell’ultima ora, stato cos ricorrente dall’essere diventato, anche in tempi recenti, una pratica abituale. Con molti che volgevano e volgono lo sguardo altrove. Ogni categoria (giornalisti compresi) ha le sue colpe.
La riforma Dini del 1995 — che non a caso come quella Fornero del 2012 venne dopo una violenta crisi finanziaria — trasform gradualmente il sistema in contributivo con assegni commisurati all’entit dei versamenti. Se all’Italia del secolo scorso, che pure cominciava a fare meno figli e a non aver pi voglia di svolgere alcuni lavori umili, si poteva perdonare una sottovalutazione della bomba nascosta con miccia a lenta combustione, a quella di oggi non si pu perdonare pi nulla. Bisogna per avere il coraggio — come scrive Sergio Rizzo — di dire tutta la verit. Senza nascondere la testa sotto la sabbia e rinviare quella verifica statistico-attuariale sulla sostenibilit del sistema pensionistico che per legge dovrebbe essere fatta ogni tre anni. E non illudere pi, con false promesse — come la fallimentare quota 100 — gli italiani.
Il sistema pensionistico in un Paese sempre pi anziano — et media 48 anni, era meno di 30 anni nel 1950 — non regge. Lo segnala molto bene, con scenari inquietanti, l’ultimo Documento di economia e finanza (Def) che pu essere riassunto cos: solo con una forte immissione di immigrati regolari si pu allargare la platea contributiva e innalzare il tasso di natalit. Com’ avvenuto in Germania e in Svezia. Non bastano gli asili nido. E non si potr continuare a lungo — come si fatto con la riduzione del cuneo — a scaricare sulla fiscalit generale una quota crescente di contributi, peraltro evasi in forma massiccia. L’Inps ha crediti contributivi largamente superiori ai 100 miliardi, che si arrivati anche al punto di rottamare. Per non parlare delle truffe (in particolare in agricoltura), dello scandalo dei falsi invalidi (la Sicilia ha il primato dei ciechi), della montagna di cause nelle quali l’Inps soccombe quasi in un caso su due.
Il quadro desolante. Apparentemente senza soluzione di fronte a un lavoro che cambia e spesso intermittente, precario. L’evasione fiscale e contributiva non pi tollerabile, basterebbe non assecondarla per avere risultati apprezzabili. Separare l’assistenza dalla previdenza farebbe emergere costi collettivi e individuali oggi invisibili o rimossi. Rizzo favorevole a un sistema a capitalizzazione non solo per il secondo pilastro ma anche per il primo. Una marcia indietro di 80 anni. Ma soprattutto un bagno di umilt in un Paese che si illude di poter vivere ancora a lungo al di sopra delle proprie possibilit.
Il volume e gli incontri
Il libro di Sergio Rizzo Il Titanic delle pensioni. Perch lo Stato sociale sta affondando pubblicato da Solferino (pagine 220, euro 16,50). Si tratta di un’analisi delle condizioni critiche in cui si trova il sistema previdenziale italiano, che si avvia verso il dissesto.
Sergio Rizzo presenter il suo libro il 15 maggio nell’ambito del Prospero Festival di Monopoli (ore 21) con Vincenzo Magist, direttore di Tele Norba. Il 19 giugno si terr un altro incontro al Circolo dei lettori di Torino (ore 18), dove Rizzo dialogher con Elsa Fornero.
Nato a Ivrea nel 1956, Sergio Rizzo stato a lungo una firma del Corriere della Sera e poi vicedirettore di Repubblica. Con Gian Antonio Stella ha pubblicato il bestseller La casta (Rizzoli 2007). Per Solferino nel 2022 ha pubblicato il saggio Potere assoluto
2 maggio 2023 (modifica il 2 maggio 2023 | 21:09)