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Morto Valerio Castronovo, storico dell’industria italiana

Marzo 6, 2023
nel Cultura
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di Antonio Carioti

Scrisse una fondamentale biografia di Giovanni Agnelli e si dedic anche al sistema dell’informazione e alle difficolt delle forze progressiste

Si era affermato pubblicando una fondamentale biografia del fondatore della Fiat Giovanni Agnelli, il nonno dell’Avvocato Gianni. Ma nella sua lunga attivit storiografica Valerio Castronovo, scomparso all’et di 88 anni, si era occupato a tutto tondo dell’industria italiana, quella privata come quella di Stato, e aveva esplorato anche altri territori, per esempio le vicende del sistema informativo, senza mai trascurare l’impegno sui temi d’attualit. Significativa la sua scelta d’iscriversi all’ordine dei giornalisti del Piemonte nel 2019 per offrire — aveva detto — un segnale di rispetto e di solidariet in seguito agli atti ostili e le pubbliche offese giunte di recente al giornalismo italiano, perch il giornalismo un pilastro della democrazia.

Nato a Vercelli il 15 febbraio 1935, Castronovo si era dedicato in un primo tempo alla Storia moderna, disciplina che aveva insegnato all’Universit di Milano dal 1967, per poi diventare nel 1972 professore di Storia contemporanea all’Universit di Torino, dove era rimasto fino al 2004. Agli esordi aveva studiato il Piemonte, poi gli orizzonti delle sue ricerche storiografiche si erano rapidamente allargati.

Nel 1970 Castronovo aveva manifestato il suo interesse per il ruolo dell’informazione, poi mai venuto meno, con il volume La stampa italiana dall’unit al fascismo (Laterza). Quindi nel 1971 era uscito il suo Giovanni Agnelli (Utet; poi Einaudi 1977), un lavoro maturo nel quale aveva posto in rilievo il conservatorismo sociale di fondo del fondatore della Fiat, ma ne aveva sottolineato anche il forte spirito innovatore, che per esempio lo aveva portato a costruire un complesso come il Lingotto: non era solo il primo stabilimento industriale italiano in cemento armato, ma si caratterizzava altres, secondo l’esempio americano, per la stretta corrispondenza della costruzione architettonica ad una concezione verticale, strettamente integrata, del processo produttivo in un unico fabbricato. E pi tardi era arrivato l’impianto ancor pi ampio di Mirafiori, che avrebbe segnato un’epoca.

Allo stesso tempo, nell’evidenziare l’appoggio che Agnelli aveva dato a Benito Mussolini, accettando di buon grado l’instaurazione di un nuovo ordine autoritario, Castronovo osservava che l’imprenditore piemontese era rimasto sostanzialmente estraneo al mercato vorticoso di speculazioni e di traffici caratteristici del grande padronato littorio. Per quanto non lesinasse gli ossequi al potere, Agnelli non poteva concepire la politica economica senza un pi alto grado di sviluppo produttivo, senza la garanzia di un pi adeguato processo di crescita, necessit di cui non gli pareva il fascismo fosse abbastanza consapevole. Di fatto, notava lo storico, il tentativo della Fiat di acquisire una dimensione internazionale sotto il regime era rimasto mortificato tra le secche dell’autarchia.

Bench si collocasse su posizioni di sinistra, Castronovo attraverso le sue ricerche aveva sostanzialmente rivalutato il ruolo degli industriali italiani come protagonisti della crescita conosciuta dal nostro Paese all’inizio del XX secolo, da lui attribuita, nel volume Grandi e piccoli borghesi (Laterza, 1988) alla singolare vitalit di cui diede prova la classe imprenditoriale nei settori pi dinamici. Anche il suo giudizio sul fascismo si allontanava dagli stereotipi marxisti. Al di l della convergenza d’interessi protezionistica con i grandi gruppi economici, i valori promossi dal regime, come il nazionalismo acceso e la disciplina cieca, a suo avviso rappresentavano la negazione dei motivi fondamentali di una societ industriale capitalistica.

Infaticabile indagatore delle vicende economiche, Castronovo aveva pubblicato un gran numero di saggi. E la sua intensa produzione, con la quale aveva scandagliato le vicende del capitalismo italiano e mondiale, si era intensificata con la conclusione degli impegni accademici: per esempio aveva rivisitato la storia della nazionalizzazione dell’energia elettrica e dell’Enel. Ma non aveva mai fatto mancare la sua voce anche sui quotidiani, prima sulla Repubblica poi sul Sole 24 Ore. Castronovo dal 1983 aveva guidato inoltre come direttore scientifico una rivista teorica di notevole spessore, incentrata sulla storia e su altre forme di sapere, intitolata non a caso Prometeo. Il personaggio mitologico che aveva donato il fuoco agli uomini, suscitando le ire e la rappresaglia crudele degli di greci, rappresentava il simbolo della spinta verso il progresso.

Ovviamente non sfuggivano a Castronovo le crescenti tensioni di un mondo sempre pi multipolare, nel quale nuove incognite di vasta portata si aggiungono a quelle che lui aveva chiamato, in un libro del 2010 Le ombre lunghe del Novecento (Mondadori). Era ben consapevole che le conquiste della civilt possono rivelarsi reversibili. Lo preoccupava parecchio ad esempio il declino delle forze progressiste, al quale aveva dedicato il saggio del 2017 L’autunno della sinistra in Europa (Laterza).

Il tallone d’Achille pi evidente dei partiti eredi del movimento operaio gli appariva la mancanza di una capacit di visione per l’avvenire, nel momento in cui non potevano pi servirsi delle terapie tipiche dell’interventismo keynesiano, che in passato avevano consentito di rilanciare l’occupazione e garantire sicurezza e benessere sociale. Globalizzazione, crisi finanziaria, immigrazione di massa, terrorismo islamico avevano a suo giudizio spiazzato nettamente le sinistre, favorendo l’ascesa delle forze populiste tre le masse popolari flagellate dalle difficolt economiche. Uno scenario al quale Castronovo sapeva guardare con l’occhio freddo dell’analista, ma che certo non lasciava indifferente la sua profonda passione civile.

6 marzo 2023 (modifica il 6 marzo 2023 | 13:50)

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