Editore, critico, traduttore, narratore, organizzatore culturale, direttore, dal 1998 al 2016, del Salone del libro, scomparso all’et di 85 anni dopo lunga malattia
stata una vita nel nome, e al servizio, dei libri quella di Ernesto Ferrero, scomparso a 85 anni nella mattina del 31 ottobre dopo una lunga malattia che lo aveva fiaccato nel corpo ma non nello spirito, sempr
e vigile e attento a ci che succedeva intorno a lui, nel mondo culturale, nella societ civile, nella politica. Fedele a una gentilezza calda, mai affettata, con un sorriso che a volte tradiva una vena malinconica, coltissimo ma senza snobismo, osservatore affilato di eventi e persone, Ferrero stato molte cose: editore, critico, traduttore, narratore, organizzatore culturale, direttore, dal 1998 al 2016, del Salone del libro.
Nato a Torino il 6 maggio 1938, ha abitato il mondo editoriale italiano per oltre sessant’anni, da quando, nel 1963 inizia a lavorare come responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Einaudi, superando un esame dopo aver letto un annuncio sulla Stampa e lasciato il lavoro da assicuratore. Diventer poi direttore letterario e, nel 1984, in un momento di difficile crisi finanziaria della casa editrice, direttore editoriale, fino al 1989.
Nel suo percorso ci sono state anche altre tappe — Boringhieri, Garzanti, Mondadori — ma il suo nome, e forse il suo cuore, sono sempre rimasti legati allo Struzzo. Scrittore finissimo, raccont quell’esperienza e quelle stagioni che lo videro anche regista accorto delle celebri riunioni del mercoled, in uno splendido memoir dall’incalzante passo narrativo, I migliori anni della nostra vita, dove i ricordi di genialit, ossessioni, ansie, vezzi di maestri, compagni di lavoro e di viaggio, si intrecciano a quelli di luoghi e paesaggi. Pensai distintamente che per un prodigio insperato ero stato accolto nella regione mitologica in cui cresce l’abero della felicit scrive nella prima pagina, ricordando l’inizio esaltante di quella avventura.
nel fertile humus di via Biancamano (dove conosce anche la moglie Carla, compagna di tutta la vita) che affondano le radici di relazioni solide, basate su amicizia e competenza, come quelle con Primo Levi (a cui nel 2007 ha dedicato, tra l’altro, un saggio che ne ricostruisce vita e opere) e con Italo Calvino, al centro di una biografia per immagini, Album Calvino (Mondadori 2005), ma anche del suo ultimo lavoro, Italo, uscito per Einaudi da alcune settimane. Con loro (Italo e Primo non sprecano parole, per il rispetto che ne hanno. Parlano poco e lavorano molto. Stanno bene nelle loro tane scrive), e con gli altri maestri che hanno fatto la storia della cultura novecentesca italiana dentro e fuori lo Struzzo — Einaudi, Morante, Feltrinelli, Fruttero e Lucentini, Ceronetti, Bobbio, Pavese, Foa, Garboli, Garzanti, solo per citarne alcuni — Ferrero ha intessuto un dialogo costante e fecondo, mettendoli al centro anche di uno degli ultimi libri, Album di famiglia, uscito da Einaudi nel 2022. Quei maestri del Novecento ritratti dal vivo formavano per lui una famiglia ramificata, bizzarra, sorprendente, eccessiva, dispersa, perfino conflittuale, come tutte, ma straordinaria, coesa nelle stesse passioni, nello stesse sentire.
Nel corso degli anni la sua scrittura elegante e mai opaca si applicata con la stesso slancio ai risvolti di copertina, alle recensioni e agli interventi sui giornali, come ai romanzi e ai saggi. Traduttore di Cline (sua la versione di Viaggio al termine della notte edita da Corbaccio), di Flaubert (Bouvard e Pcuchet nei Meridiani Mondadori), di Perec (Il condottiero, Voland), Ferrero ha scritto i suoi libri seguendo un gusto eclettico e curiosit radicate, che andavano dai delitti di Gilles de Rais, mostruoso protagonista del Quattrocento francese, al mistero del papiro di Artemidoro, dalla vita di San Francesco a Emilio Salgari, fino alle metamorfosi della lingua (Dizionario storico dei gerghi italiani, Mondadori 2002).
Come narratore aveva esordito nel 1980 con il romanzo Cervo Bianco (Mondadori), basato sulla storia vera di Edgar Laplante che, impersonando un falso capo indiano, incant (e ingann) gli italiani nel 1924, poi riscritto e nei mesi scorsi ripubblicato da Einaudi con il titolo L’anno dell’indiano. Nel 2000 con N., ispirato alla figura di Napoleone Bonaparte e ai suoi ultimi trecento giorni all’isola d’Elba, vinse il premio Strega, in una sfida all’ultima scheda con Case amori universi di Fosco Maraini.
Al timone del Salone del libro di Torino — accanto al presidente Rolando Picchioni da cui era lontano per formazione e ambizione, ma di cui fino all’ultimo ha difeso l’operato — ha governato con fermezza e disponibilit le tempeste pi difficili, dai duri boicottaggi messi in campo contro Israele Paese ospite, all’invito, in seguito ritirato, all’Arabia Saudita, fino alle inchieste che portarono alla crisi della rassegna e al derby con Milano. Da soldato sabaudo, come si definiva, con la rosa di carta nell’occhiello della giacca e un sorriso dolce sulle labbra.
31 ottobre 2023 (modifica il 31 ottobre 2023 | 12:05)