Autrice di romanzi tra cui «Vita e amori di una diavolessa», da cui il film «She Devil – Lei, il diavolo» con Meryl Streep, ha scritto più di 30 libri e fiction televisive
La scrittrice britannica Fay Weldon, autrice che sfidò l’ortodossia femminista con la satira dark per esplorare le divisioni tra uomini e donne, è morta mercoledì 4 gennaio all’età di 91 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia tramite il suo agente letterario. Romanziera, saggista e drammaturga, era nota soprattutto per il romanzo di grande successo «Vita e amori di una diavolessa» del 1983 (Feltrinelli, 1984), da cui è stato tratto il film «She Devil – Lei, il diavolo» (1989), diretto da Susan Seidelman e interpretato da Meryl Streep.
L’autrice ha pubblicato più di 30 romanzi nel corso della sua carriera — dove spesso con grande ironia traccia le dinamiche di coppia — oltre a raccolte di racconti, film per la televisione e articoli di giornalismo, collaborando occasionalmente con diverse riviste, oltre a essere stata una delle voci più apprezzate della Bbc. Nata ad Alvechurch, nel Worcester, il 22 settembre 1931, Fay Weldon, il cui vero nome era Franklin Birkinshaw Weldon, a cinque anni si trasferisce con la madre e la nonna in Nuova Zelanda a seguito del divorzio dei genitori. Tornata in patria si laurea in psicologia ed economia all’Università St. Andrews in Scozia. Esordisce nella narrativa nel 1967 con «Fat Woman Joke», preceduto da diversi lavori svolti come autrice di spettacoli televisivi e radiofonici, tra cui l’importante adattamento per la tv del capolavoro di Jane Austen «Orgoglio e Pregiudizio», trasmesso dalla Bbc.
I suoi romanzi hanno spesso come protagoniste donne che cercano di uscire dal ruolo imposto loro dalla società e per questo sono stati spesso definiti femministi, anche se per certi aspetti irregolari. Fay Weldon ha proposto i suoi sarcastici espedienti narrativi sulla subalternità delle donne e sulle angherie di una società maschilista, mettendo a nudo le debolezze dell’uno e dell’altro sesso alle prese con il grigiore dell’esistenza borghese. Le donne di Weldon sono spesso figure opache, pronte a farsi ingannare, la cui cecità, le cui debolezze interiori fanno parte della rappresentazione di un’esistenza impastata di stereotipi e di ipocrisie.
Numerosi i libri della scrittrice tradotti in italiano, tra cui: «Giù tra le donne» (La tartaruga, 1993), «Le amiche del cuore» (La tartaruga, 1994), «La trappola» (La tartaruga, 2009), «Il cuore e la vita degli uomini» (Mondadori, 1989), «Le altre vite di Joanna May» (Mondadori, 1990), «La forza vitale» (Feltrinelli, 1993), «Le peggiori paure» (Fazi, 2002), «I diari della matrigna» (La tartaruga, 2010), «Dopo il crash» (E/O, 2010). Fay Weldon è autrice anche di saggi e biografie come quella di Rebecca West.
Nella sua autobiografia «Auto da Fay» (2002) — il titolo richiamava con un gioco di parole «autodafé», termine derivato dal portoghese «atto di fede» usato durante l’Inqusizione spagnola — Weldon racconta la vicenda familiare che ha segnato la sua vita di bambina: suo padre era un dottore e sua madre una scrittrice di fiction commerciale sotto lo pseudonimo di «Pearl Bellairs». I suoi genitori divorziano quando lei ha cinque anni e si trasferisce in Nuova Zelanda con la nonna, la madre e la sorella. Il risultato di questa educazione tutta al femminile è il convincimento che «il mondo è stato popolato grazie alle donne».
Dopo il ritorno in Inghilterra e gli studi universitari in Scozia, quando ha vent’anni sposa un quarantenne, dal quale avrà il suo primogenito. Il matrimonio dura poco: nel 1962 si risposa in seconde nozze con Roy Weldon, un’unione coronata da altri tre figli. Entra in una crisi di mezza età: «Ero triste, inadeguata, depressa e ignorante, e lo sapevo». Con la psicoanalisi riguadagna la stima in sé e trova il coraggio per iniziare a scrivere, con l’esordio nel 1967.
Weldon ha lavorato per la televisione e, prima di affermarsi come romanziera, per la pubblicità. Il suo punto di partenza è stata la critica di un linguaggio edulcorato e fraudolento, di cui le donne sono vittime (ma anche attive promotrici), e che si diffonde nelle soap opera televisive, nelle collane «rosa», nei tabloid della stampa popolare, dove si possono conciliare un femminismo di pura facciata e il porno soft delle fanciulle nude in terza pagina. La strada della consapevolezza e dunque della vendetta, non è mai preclusa alle sue eroine.
5 gennaio 2023 (modifica il 5 gennaio 2023 | 13:47)