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Mauro Corona, il nuovo libro: la sincerità della montagna

Gennaio 3, 2023
nel Cultura
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di CARLO BARONI

L’autore e alpinista rivive in «Arrampicare», Solferino, le sue scalate. Dalle vette vicine fino in Groenlandia e California

La salita fa pensare alla fatica. Arrampicarsi è un mettersi d’accordo con la sofferenza. Accettarla, farla propria. È vero, ma è anche lo stereotipo di un alpinismo che si compiace ancora della sua unicità. Quasi del suo dolore. Per Mauro Corona la montagna è altro. E oltre. È il dipanarsi di qualcosa di inevitabile, forse persino inesorabile. È Una storia di rocce, di sfide e d’amore come recita il sottotitolo del suo nuovo libro Arrampicare, edito da Solferino. Se cresci a Erto (e già il nome dice tanto) le montagne ce le hai dentro. Cercare la cima prima che una sfida è una necessità. Quasi un desiderio fisico. Non è solo per arrivare in alto. Che per alcuni è persino superbia. Giusto per sfuggire al «terra a terra» che ti vuole schiacciare, quasi che non ci fossero più indicazioni per trovare il tuo sentiero.

Mauro Corona racconta il suo cammino verso le vette. Un percorso tortuoso. Che quando cominci, però, non ti puoi più voltare. La paura c’entra fino a un certo punto. È la voglia di vedere oltre. Di provare nuovi cieli e vedere se resti lo stesso. I piccoli passi che allora diventano naturali. Mai frenetici, sempre pensati anche quando sono improvvisati. E dietro magari c’è la storia di una famiglia disgregata e di una nonna che da sola tira su i nipoti. La montagna è anche il luogo per elevarsi, senza cedere alla tentazione di guardare tutti dall’alto. C’è il rispetto per quei sassi trovati su una vetta che nessuno aveva mai toccato prima. Ci sono le amicizie che nascono in una notte passata avvinghiati a una parete. E i sogni turbolenti dormendo in un’amaca piazzata a duemila metri. La scalata che è un mettersi alla prova, mai una spacconata anche andata bene.

Mauro Corona le sue montagne le ha accarezzate con gli occhi, prima di metterci i chiodi che non era per ferirle ma per cingerle in un abbraccio. Perché le pareti devi imparare a «stringerle», come quando si saluta un amico che non si vede da tempo. L’abbraccio sincero che è un ritrovarsi, un sapere che ci sei ancora. La montagna che non dà confidenza, ti permette però di avvicinarla. Con il garbo e il rispetto per chi c’era prima di te e resterà anche quando tu sarai un ricordo sbiadito nel tempo. Ci cammini sopra a passo sicuro, perché lei non si fa calpestare nemmeno con dolcezza. Con la montagna ti deve intendere con gli occhi prima di parlarci col cuore.

Per scalare, per salire hai la necessità di essere «solo». Una solitudine immersa negli altri. Perché l’ascesa ha bisogno di compagni. Di condivisioni. Di aiuto reciproco. Una contraddizione solo apparente. La solitudine della scalata è la consapevolezza che ogni tuo gesto, ogni scelta ti appartiene. È unica. Come un artista che crea da solo eppure è circondato dal mondo. E quello che fai inonda anche gli altri. E Mauro Corona accanto alla montagna ci mette anche la scultura. Quella imparata da un maestro: Augusto Murer. Carpita con il cuore e il silenzio prima ancora che replicata con le mani. Lo scalpello che è come la mano che cerca un appiglio sulla roccia, la forma che prende vita da un desiderio nascosto che puoi vedere solo con gli occhi della fatica. Ma per arrivare a Murer serviva il prestito generoso del postino del paese, Cipriano Cappa. Generoso non per le diecimila lire, senza certezza che venissero restituite, ma perché il «grazie» era una speranza labile e leggera come le foglie d’autunno. «La gratitudine è come la neve — scrive Corona — si scioglie con il primo sole». Cipriano è uno dei tanti personaggi che abitano il libro. Gente con nomi antichi, tramandati chissà da quanto. Nomi di montagna, di scultura. Che restano impressi e fanno di quella donna e di quell’uomo una storia da raccontare. Perché non saranno mai anonimi nonostante la Storia si sia dimenticata di segnarseli. Gente silenziosa che per ascoltarla devi cambiare il passo. Né più veloce, né più lento. Solo un altro passo.

Corona scrive delle montagne della sua terra ma anche di quelle lontane, lontanissime. L’avventura in Groenlandia. Passando da Milano per la prima volta, ed era già il 1984. Il Nord Europa libero di tutto, anche troppo, e l’alcool come guardiano sociale per tenere a bada il dissenso. E poi l’America, meglio la California, San Francisco e una beat generation che non è proprio come nei libri. Ci sono ranger, manganellate e multe alle tre di notte se parcheggi due centimetri fuori le righe. E l’amicizia con Manolo. La scalate nel parco di Yosemite, un mondo che si presenta diverso. E lo raccontano avanti decenni, invece è solo più veloce. La frenesia che tanti scambiano per dinamismo. Ma le montagne sono le stesse e la fatica anche. Parlano un’unica lingua. E ci vuole solo cuore per capirla.

Il libro e il podcast in sei puntate


«Arrampicare. Una storia di rocce, di sfide e d’amore» di Mauro Corona
(pp. 162, euro 16) è edito da Solferino. orona e la montagna sono anche al centro di un podcast che si chiama come il libro, «Arrampicare», disponibile su Corriere.it e sull’app Corriere.it, oltre che su tutte le principali piattaforme di podcast. Con lo scrittore-alpinista e la sua voce, un racconto delle esperienze e dei viaggi fino alla Groenlandia e agli Stati Uniti al tempo della beat generation, dell’amicizia con il grande scalatore Manolo, delle sfide poste dalla roccia, delle storie di alpinismo, della filosofia della montagna. Il podcast «Arrampicare», prodotto da Solferino, ripercorre momenti cardine della storia dell’arrampicata sportiva, esperienze uniche di scalate e gli aneddoti di una singolare «autobiografia verticale». Sei puntate per cercare di capire il gusto e il desiderio della sfida.

3 gennaio 2023 (modifica il 3 gennaio 2023 | 20:16)

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