A 150 anni dalla morte dell’autore dei «Promessi sposi», la visita del capo dello Stato alla tomba nel Famedio del cimitero Monumentale e al suo studio
«Prego, presidente, le mostriamo questo testo». Nella stanza dove Alessandro Manzoni lavorava, leggeva, scriveva, circondato dalla sua biblioteca personale, che è rimasta intatta, con tutti i volumi nel posto che avevano un secolo e mezzo fa, c’è una piccola scrivania col piano di panno verde, sotto la finestra. Manzoni la usava per avere più luce, e poco dopo le 17 di ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, s’avvicina a quello scrittoio dove è aperto un antico libro che lo scrittore studiò a fondo, la Historia patria del Ripamonti: «Vede qui — spiega a Mattarella il professor Angelo Stella, presidente del Centro studi manzoniani —? C’è un’“orecchia” alla pagina, che era un tipico modo con cui Manzoni, facendo una piega più o meno grossa, teneva il segno di un passaggio per lui importante. Queste righe, ad esempio, sono state lo spunto per l’Innominato». Il personaggio che nei Promessi sposi è emblema di dispotismo e sopraffazione. Quell’antica pagina è in linea con la lettura dello scrittore civile, disgustato dall’ingiustizia e dall’abuso di potere, che Mattarella ha voluto consegnare all’Italia attuale, nel giorno della sua visita a Milano per la ricorrenza dei 150 anni dalla morte di Manzoni.
Il presidente della Repubblica inizia la sua giornata milanese con la deposizione di una corona di fiori davanti alla tomba dello scrittore, nel cimitero Monumentale, e più volte commenta la collocazione del sarcofago, «proprio al centro del Famedio: questa sistemazione ha un alto valore simbolico». Alle 16 poi partecipa a una cerimonia, seguita da una visita, all’interno della casa museo dove Alessandro Manzoni visse la maggior parte della sua vita e concepì i suoi maggiori capolavori, proprio nel cuore antico di Milano. Viene accolto dal sindaco Giuseppe Sala, dal presidente della Regione Attilio Fontana, ma soprattutto dal professor Giovanni Bazoli, che del Centro studi è presidente onorario, e da Angelo Stella. Che poi racconta: «Abbiamo mandato una lettera d’invito al presidente qualche mese fa, e il fatto che abbia deciso di venire in questa casa, per questa ricorrenza, è un gesto d’eccezione che rimarca la centralità di Manzoni nei valori culturali del nostro Paese».
L’altro testo che viene mostrato al presidente è il poemetto Del trionfo della libertà, il primo scritto dell’autore, che risale al 1802, quando aveva appena 17 anni. Non un capolavoro, ma certo un documento eccezionale, sul quale Mattarella si sofferma in particolare perché resta colpito dal fatto che quel «sentimento forte della libertà, e di opposizione alla “mostruosa schiavitù” (tema che il presidente ha sottolineato già poco prima nel suo intervento, ndr), fosse già radicato in un ragazzo così giovane». E il tutto dunque s’allaccia al senso profondo che la più alta carica dello Stato ha voluto infondere alla celebrazione, parlando di fronte a qualche decina di ragazzi, gli unici ammessi nella sala dei discorsi dietro il prefetto, Renato Saccone, e le altre autorità. Col suo intervento è come se Mattarella abbia voluto lasciare soprattutto un messaggio: dal racconto della peste, e delle possibili distorsioni che si possono generare nell’opinione pubblica in momenti di crisi, fino ai valori civili dell’opera manzoniana, che sono anche a fondamento dell’Italia repubblicana, l’unico tributo che si può rendere a un gigante della cultura è comunicarlo ai ragazzi in una luce ancora viva.
22 maggio 2023 (modifica il 22 maggio 2023 | 22:05)