La citt in Etiopia ha il Sepolcro, il Golgota, chiese scavate nella roccia: esposti agli effetti del cambiamento climatico, i suoi capolavori sono in pericolo anche a causa della guerra tra il governo centrale e i ribelli amhari
In Italia e nella stessa Roma non si vedono simili meraviglie, in quanto cio all’opere cos tagliate in un solo masso di pietra, scrisse incantato il missionario cattolico Luigi Montuori verso la met dell’Ottocento, Non potei non restare ammirato, e sorpreso in osservare delle Chiese e Templi veramente magnifici e di una esecuzione ammirabile.
Aveva ragione. Perch Lalibela, la Gerusalemme africana a oriente del lago Tana, nella regione di Amhara, davvero unica al mondo. E gela il sangue sapere che giorni fa stata sfiorata dai cannoneggiamenti nella guerra civile in corso da anni, a sprazzi, tra tregue e rivolte, sugli altopiani etiopici. Di qua l’esercito di Addis Abeba, che col premier Abiy Ahmed Ali (cristiano, di etnia Oromo ma con una moglie d’etnia Amhara, Nobel per la Pace 2019 per gli sforzi di riconciliazione con l’Eritrea) punta a smilitarizzare le diverse milizie locali etniche, di l i giovani del movimento Fano (la giovent in lingua amarica) insorti anni fa contro Addis Abeba con la pretesa d’essere i veri protettori degli amhari e ancora oggi decisi a non deporre le armi.
Un conflitto, per quanto certi schemi siano troppo sbrigativi, fra cristiani. Tanto pi doloroso in un continente lacerato da guerre etniche e religiose. Che mette a rischio non solo uno straordinario patrimonio monumentale e artistico universale tutelato dal 1978 dall’Unesco, ma un luogo pieno di magia. Nel quale antiche e meravigliose mappe, come quella del 1559 del cartografo portoghese Diogo Homem, collocarono addirittura la capitale del mitico regno del Presbiter Iohannes che nel 1165, ventidue anni prima della caduta di Gerusalemme sotto il Saladino, aveva fatto arrivare a Bisanzio una misteriosa lettera in latino destinata all’imperatore Manuele I Comneno per finire poi tra le mani anche di papa Alessandro III e Federico Barbarossa.
Io, Prete Gianni, sono signore dei signori e in ogni ricchezza che c’ sotto il cielo e in virt e in potere supero tutti i re della terra, diceva la missiva, La nostra Sovranit si estende sulle tre Indie (…) ove riposa il corpo dell’apostolo Tommaso. Settantadue re ci pagano tributi. Sono un devoto cristiano e (…) abbiamo in voto di visionare il Santo Sepolcro con un grandissimo esercito, in quanto si addice alla gloria della nostra Maest umiliare e sconfiggere i nemici della croce di Cristo ed esaltare il suo nome.
Esistette davvero, quel monarca cristiano che popol per secoli l’immaginario europeo come appunto un sovrano delle Indie ipotizzato ora nelle terre asiatiche penetrate dalla predicazione nestoriana e ora negli altopiani africani? E come fece la sua leggenda a durare secoli se vero, come ricorda Franco Cardini, che papa Eugenio IV nel 1441 cerc d’inviare due lettere ai massimi signori temporali di fede monoteista “Giovanni imperatore degli Etiopi” e “Tommaso imperatore degli Indiani”?
Certo che l’affascinante Gerusalemme africana, voluta proprio ad immagine dell’originale con un sepolcro, un Golgota al quale si sale per un sentiero impervio, un fossato che raffigura il Giordano e perfino un Sinai e dispensa ai pellegrini le stesse indulgenze che guadagnano quanti visitano la Citt Santa, ha coltivato fino in fondo i propri miti. A partire da quello sul fondatore. Scrive infatti nel suo Etiopia (Terra Santa edizioni) Alberto Elli, autore di monumentali volumi sulla storia della Chiesa etiope fondata dal copto San Frumenzio nel IV secolo d.C.: Secondo il Gadl di Lalibela, del XV secolo (la Vita di Lalibela, un’opera pi agiografica che storica), subito dopo la nascita del futuro re, un fitto sciame d’api si radun sulla sua culla. La regina madre, prevedendo il destino regale del figlio e vedendo nelle api, che coi loro pungiglioni lo proteggevano, i soldati che un giorno lo avrebbero servito, lo battezz Lalibela, nome che, secondo l’agiografo, significherebbe “le api riconoscono la sua sovranit”.
Il destino regale cos predetto al giovane, prosegue lo storico, non tard a suscitare la gelosia del fratello maggiore, il sovrano Harbay, che cerc varie volte di sbarazzarsi di lui, fino a quando, con l’aiuto di una sorella, un suo tentativo non and a segno: al giovane principe fu somministrata una pozione avvelenata, che lo fece cadere in un sonno mortale. Durante i tre giorni di incoscienza che seguirono, Lalibela fu trasportato dagli angeli in Paradiso e qui Dio gli ordin di costruire delle chiese come non ne aveva mai viste. Lalibela torn quindi sulla Terra con dettagliate istruzioni in merito all’ubicazione e allo stile che avrebbero dovuto avere.
E come potevano essere se non strepitosamente belle delle chiese costruite dagli angeli? Ognuna, riassume Elli, diversa da tutte le altre, pur essendo tutte scavate con la stessa tecnica nel tufo rossastro della montagna: Il lavoro di isolamento, scavo, traforo, intaglio stato compiuto esclusivamente rimuovendo la roccia, senza nulla aggiungere successivamente, a parte alcuni restauri pi o meno moderni. Ciascuna chiesa costruita in un unico blocco di pietra ancorato alla roccia, lavorato dall’esterno e traforato per ottenere porte, finestre, archi, colonne e decori: ognuna di queste architetture monolitiche un’opera d’arte, un monumento in pietra alla religiosit del popolo etiope.
Visitare quelle undici chiese edificate probabilmente tra la fine del XII e la fine del XIII secolo, dalla Beta Madhane Alam (Casa del Salvatore del Mondo) alla Beta Maryam cio la casa di Maria, dalla Beta Mika’el alla Beta Giyorgis, l’apogeo della tradizione architettonica rupestre col suo culto di San Giorgio sul cavallo bianco che uccide il drago, vuol dire immergersi in profondit dentro una devozione millenaria. Silenzi rotti solo dai versi degli uccelli nel cielo blu. Monaci di bianco vestiti immersi nella lettura di libri. Sandali tutti identici ordinatamente depositati all’ingresso dei templi. Mendicanti discreti appollaiati sugli scalini. Capitelli devozionali di lamiera dove nonne nere dal velo nero venerano un Bambin Ges incoronato dalla pelle lattea. Affreschi ed arazzi e tavole con tutta l’iconografia del cristianesimo: la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la Maddalena, la Samaritana al pozzo di Giacobbe…
Un piccolo mondo antichissimo, prezioso e a rischio. E non solo a causa degli improvvisi e violenti rigurgiti del conflitto infinito tra l’esercito etiope e le milizie indipendentiste, ma anche del progressivo degrado nei secoli, accelerato negli ultimi decenni per colpa dei cambiamenti climatici, di quei fragili capolavori di tufo. Esposti all’usura degli acquazzoni, del vento, del sole furibondo degli altopiani. Dai quali tentarono di proteggerli, anni fa, gigantesche e orrende strutture parapioggia d’acciaio, costruite da sciagurate manovalanze locali, che gridano vendetta a Dio. Possibile che le nuove tecnologie non possano suggerire qualcosa di meno impattante?
17 novembre 2023 (modifica il 17 novembre 2023 | 20:59)