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Il soccorso all’infanzia fragile sui Treni della felicità: il libro di Bruno Maida con il«Corriere»

Maggio 3, 2023
nel Cultura
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di GIANCRISTIANO DESIDERIO

Tra il 1945 e il 1948 decine di migliaia di bambini afflitti dalla povert vennero accolti da famiglie pi agiate in altri territori d’Italia: con il quotidiano un libro che ricostruisce l’iniziativa di salvataggio

Nel 1946 Indro Montanelli, in un articolo per il Corriere d’Informazione, us la parola
besprizornye
per indicare la grande massa di bambini abbandonati e pericolosi che vagavano nelle strade delle citt italiane. La parola russa riguarda l’infanzia orfana e derelitta che dopo la Grande guerra e la rivoluzione d’Ottobre comparve nella societ sovietica senza che il pur pervasivo sistema di controllo comunista fosse in grado di venire a capo della condizione dei fanciulli senza famiglia.


La guerra e i bambini sono realt e umanit che non sembrano appartenersi o che almeno non dovrebbero incontrarsi. un’illusione. Ieri, oggi. In Ucraina i bambini sono uccisi e rapiti dai soldati di Vladimir Putin. L’infanzia per natura il futuro di un popolo, di una nazione, di una comunit. E se con la Prima guerra mondiale il fenomeno dei bambini che divennero orfani, poveri, profughi si impose nel mondo, con la Seconda guerra mondiale la scena dell’infanzia violata si ripet. In un rapporto dell’Unesco del 1948 si legge che in Europa erano 60 milioni i bambini che avevano bisogno di assistenza, ma la limitatezza dei fondi a disposizione delle organizzazioni internazionali consent di portare soccorso alimentare e intervento medico a non pi di quattro milioni di fanciulli per un tempo di sei mesi.

L’aiuto era doveroso e solidaristico, non c’ dubbio; ma prim’ancora era necessario perch senza soccorrere i bambini abbandonati non si poteva nemmeno lontanamente pensare di poter ricostruire la cara vecchia Europa che nel giro di trent’anni aveva dato fuoco a s e al mondo per la seconda volta. Dalla cura dell’infanzia dipendeva il futuro civile dell’Europa. E, tuttavia, come dice il Grande Inquisitore ne
I fratelli Karamazov
di Fdor Dostoevskij; Prima sfamateli e poi chiedete loro la virt.

A quei bambini italiani visti e segnalati da Montanelli chi pens? I Treni della felicit. Un’operazione di salvataggio di migliaia e migliaia di fanciulli che nell’immediato dopoguerra, tra il 1945 e il 1948, l’Unione donne italiane e il Partito comunista, insieme con tutta una serie di organizzazioni nazionali e internazionali, laiche e confessionali, statali e private, concepirono e realizzarono trasferendo decine di migliaia di bambini e bambine provenienti da famiglie povere di diverse parti d’Italia, prima da Milano e Torino, quindi in gran parte dal Mezzogiorno, portandoli in zone, ambienti, famiglie in cui le condizioni di vita erano migliori.

A ricostruire e raccontare questa esemplare storia popolare il libro di Bruno Maida I treni dell’accoglienza. Infanzia, povert e solidariet nell’Italia del dopoguerra 1945-1948, in edicola con il Corriere della Sera. L’Emilia-Romagna fu la regione che accolse il maggior numero di bambini, ma gran parte del territorio nazionale fu coinvolto in un’operazione speciale pensata per venire incontro ai fanciulli pi poveri e permettere loro di affrontare la stagione invernale al caldo e con un buon pasto giornaliero. Per, non di rado i bambini si fermarono presso le famiglie che li accolsero per un periodo pi lungo oppure ritornarono da chi apr loro la casa e le braccia o si fermarono per sempre nella loro nuova casa e nel loro nuovo paese.

La formula dei Treni della felicit fu coniata dal sindaco di Modena, Alfeo Corassori, quando vide giungere i primi convogli da Roma carichi di un’umanit dolente e insieme speranzosa, se non felice. Si tratt — dice Bruno Maida — di un’azione di integrazione e molto spesso di sostituzione dello Stato, assente in termini tanto concreti quanto legislativi, e per lo pi incapace di immaginare nuove politiche nei confronti dell’infanzia dopo il Ventennio.

Bruno Maida, che professore di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Universit di Torino, ha gi lavorato nel recente passato sul binomio guerra e infanzia: prima con La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia e poi con
L’infanzia nelle guerre del Novecento
(entrambi editi da Einaudi). E, infatti, non solo il suo testo ben documentato ma mostra come nell’operazione dei Treni della felicit o dell’accoglienza vi sia una continuit storica con gli aiuti per i bambini dei lavoratori in sciopero, con i treni della fratellanza che portarono i bimbi viennesi in Italia dopo la Grande guerra oppure con l’arrivo dei bambini russi a Torino per sottrarli alla carestia dopo la rivoluzione e, ancora, con i bambini di Fiume che giunsero a Milano e a Torino. Ma, anche se l’esperienza dei Treni della felicit rimane unica, una continuit storica nel sostegno all’infanzia si avr in tutto il Novecento fino a giungere all’accoglienza dei bambini ucraini dopo il disastro di Chernobyl.

Questa continuit ci racconta una cosa fondamentale che lo storico, infatti, cerca di dire fin dal primo rigo del suo libro: la storia della cura e del soccorso dell’infanzia non riguarda solo il passato ma anche e soprattutto il presente. Non un caso che nel libro si intreccino — e con grande dovizia di particolari che qui non possono essere riportati ma dovrebbe essere facile intuire — quattro questioni con le quali tutt’oggi dobbiamo fare i conti: povert, questione meridionale, protagonismo femminile, infanzia.

Eppure, al di l delle questioni ci che caratterizza la storia proprio il bambino. Chi sono davvero questi bambini? Tutta la vicenda fatta dagli adulti e i piccoli sono nominati come infanzia. I bambini assumono un volto — dice giustamente Maida — nella finzione cinematografica: Bruno di Ladri di biciclette, Pasquale e Giuseppe di Sciusci, Pasquale di Pais, Esposito di Abbasso la miseria. Tuttavia, la partenza, l’addio, il distacco, il treno, il viaggio non sono finzioni. storia. Umanissima. Allora, ecco i ricordi dei bambini — Dina, Enzo, Ugo, Paola — e le scene di fame, di malattie, di pericolo ma anche di gioco che si sono portati dietro per una vita intera lasciando la Ciociaria, Napoli, Pozzuoli e salendo su un treno che li portava verso un’altra vita o li sottraeva alla miseria e alla morte accolti da una famiglia italiana.

29 aprile 2023 (modifica il 29 aprile 2023 | 20:26)

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