In un momento nel quale una grande democrazia e potenza culturale sembra aver perduto lo smalto di un tempo, la provocazione giunge gradita ed è pure appropriata: ad Harvard tagliano i fondi e minacciano di vietare gli studenti stranieri? «Facciamo in modo che sia l’Europa la nuova Harvard, che sia capace di attrarre talenti e giovani da tutto il mondo», perché questa è la potenza di una cultura. Sul palco di Trento le parole di Antonio Calabrò, appena rieletto presidente di Museimpresa arrivano in una tavola rotonda nella quale si discute della ricchezza culturale dell’Europa e di come possa diventare una forza propulsiva, per il ruolo del continente, per il suo portato storico e del ruolo centrale che può avere l’Italia.
Tempo di riappropriarsi di quella centralità che appartiene al nostro Paese e al Vecchio Continente, che, su questi temi, è in grado di competere (se non vogliamo dire primeggiare) con tutti. Anche se bisogna fare attenzione. «Non c’è a livello europeo un “dicastero” della cultura» avverte Filippo La Rosa, Vice Direttore Generale per la diplomazia pubblica e culturale del Maeci, e questo certamente può essere un problema. Come, ribadisce, «bisogna stare attenti al meccanismo della domanda e dell’offerta culturale. L’Italia gioca una partita importante, ma non dobbiamo dimenticare mai il pubblico al quale ci rivolgiamo e la diversa esperienza culturale ha, alle diverse latitudini». È quello che sperimenta di continuo Marco Sammicheli, direttore del Museo del Design della Triennale di Milano e una sorta di “ambasciatore” del Made in Italy. «L’Italia è riconosciuta nel mondo per il suo design, un vero marchio del nostro modo di vivere, anche perché il design italiano ha sempre prodotto oggetti belli, sì, ma “civili”, nel senso di civiltà». Non è un caso che i grandi maestri del miglior design, evocati e riveriti sono un efficace testimonianza della forza propulsiva dell’Italia. E lo sono ancora di più perché c’è una attitudine alla «formazione» che rende i nostri prodotti ancora (più) attuali. Formazione (insieme a dialogo, che tutti i relatori hanno sottolineato come inscindibile d cultura) è parola che è risuonata nell’intervento di Martina Mazzotta, curatrice e storica dell’arte, attualmente in forza al Warburg Institute di Londra. «I nostri studenti e i nostri professionisti della cultura sono riconosciuti nel mondo. Abbiamo tuttora la forza di parole come “umanesimo” e “rinascimento” che sono piene di significato e questo all’estero ce lo riconoscono». Se poi, a queste doti, si unisce anche una sana cultura d’impresa, che a vari livelli tutti gli interlocutori hanno ricordato, la carte che l’Italia e l’Europa hanno da giocare sono ancora più pesanti. Arte, economia e cultura insieme tracciano un sentiero, lungo il quale produrre futuro.