Si sente a casa sua, al Festival dell’Economia, Brunori Sas. È laureato in Economia e commercio, ha fatto l’imprenditore, capisce di numeri come di musica. «Sono nel posto giusto: a mia vera creatività si sviluppa più che nelle canzoni, nei fogli Excel» scherza «mi piace proprio la chiusura di una cella, mi piace mettere un uguale o un più per far partire una formula, mi piacciono i menu a tendina! Sono anche un ottimo consulente finanziario». Lo dice, ovviamente, ridendo, ma davvero Dario si è dedicato per un certo periodo all’azienda di famiglia («ho fatto il “mattonaro”, ho venduto mattoni e i blocchi di cemento ai muratori»). Poi, citando il tema del Festival, in uno dei “bivi” della vita, è ritornato a fare musica e con grande successo. «Mi è sempre piaciuto l’idea di trovarmi ad un bivio – racconta – e di non rimpiangere la strada intrapresa. L’importante è che la strada intrapresa abbia comunque una consapevolezza: me lo auguro per me, lo auguro a tutti e lo auguro anche per il mondo intorno a me, a noi che viviamo in un momento non proprio gradevole».
L’etica del lavoro, comunque, è rimasta la stessa. «Da figlio di imprenditore, mi è sempre piaciuto avere un certo tipo di approccio al lavoro, da figlio di imprenditori romagnoli. Visione che mi sono portato nella gestione di una piccola impresa reale come poi diventa quella di un progetto musicale».
Il terzo posto all’ultima edizione del Festival di Sanremo, con il brano L’albero delle noci, l’ha definitivamente consacrato anche presso il grande pubblico. «A Sanremo può capitare di tutto – dice – puoi essere anche ridicolizzato per una banalità, perché magari c’è una macchia sulla giacca e quindi quella cosa prende il sopravvento su tutto il resto. Quindi sapevo in parte in che guai mi stavo cacciando, però era molto importante per me anche testare la capacità di scrivere canzoni che potessero abbracciare un grande pubblico, perché alla fine il mio intento è quello. Quindi dopo tanti anni di “resistenza” lo volevo fare, e sono contento di averlo fatto». E anche qui si concede una battuta: «Sicuramente mi è servito in Calabria, dove sono diventato eroe regionale. Adesso dalle mie parti sono più famoso di Bruce Springsteen!».
Dopo il podio di cantautori di quest’anno, però, tutti vogliono fare Sanremo: «Se questo è servito ad aprire una breccia al cantautorato, ben venga. Di solito i cantautori hanno una sensibilità e cercano di raccontare alla società che ci sta intorno. Abbiamo bisogno probabilmente in questo momento storico, non solo di canzoni ombelicali, che parlino dell’intimità e delle proprie storie personali: certo, le faccio anch’io, ma dobbiamo anche raccontare un po’ cosa sta accadendo nella società».
Per lui, ora, un’intensa stagione di live. Nei quali, i pochi che non lo conoscevano si stupiscono per la sua irresistibile verve comica, in un mondo in cui i cantautori spesso sembrano freddi e antipatici. «Io davvero mi diverto molto. Poi, è vero che alcuni cantautori hanno un carattere per il quale è più difficile mostrarsi. Ma molti artisti che magari pubblicamente sembrano antipatici o scontrosi, poi nel privato sono simpaticissimi. Ognuno si cautela dalla popolarità come può, non è sempre vero che chi risulta antipatico da fuori lo sia poi nella realtà. Io ho una natura forse più vicina a Jannacci, i miei riferimenti vanno in quella direzione: Jannacci, Gaber, lo stesso Guccini sul palco era un simpaticone».