Il digitale può consentire ai cittadini di accedere ai servizi e di farlo in tempi brevi. Ma non sempre questo strumento raggiunge tutte le fasce della popolazione. Qualcuno rimane fuori. «La trasformazione digitale in Italia e in Europa – si legge in un report di Eurispes – cambia giorno dopo giorno il nostro modo di vivere, pensare e relazionarci. Per affrontare questa sfida, l’Ue ha messo a punto ‒ attraverso il Programma per il Decennio Digitale 2030 ‒ una strategia che punta a creare una società digitale giusta, inclusiva, sostenibile e resiliente».
«Gli obiettivi principali del programma si concentrano su quattro aree fondamentali: il capitale umano digitale, infrastrutture sicure e sostenibili, la digitalizzazione delle imprese e la modernizzazione dei servizi pubblici. L’Italia ha fatto propri questi obiettivi attraverso strumenti come il Pnrr, che prevede investimenti in connettività, 5G, digitalizzazione della Pa, semplificazione dei servizi e potenziamento delle competenze digitali. Anche in ambito educativo si sono avviate riforme per inserire l’educazione digitale nei percorsi scolastici. Tuttavia, questa azione collettiva risulta ancora molto sbilanciata verso l’aspetto tecnologico, lasciando in secondo piano la protezione dell’individuo» viene messo in evidenza.
In Italia l’elevata età anagrafica delle persone crea divari nella cittadinanza digitale
In Italia il contesto demografico è caratterizzato da un’età media di 47,9 anni, tra le più elevate in Europa, con una popolazione di over 65 che è quasi un quarto del totale. Il dato influisce sulla struttura della cittadinanza digitale, creando notevoli divari. All’aumento dell’accesso alla Rete non ha corrisposto un miglioramento della qualità d’uso e della capacità di inclusione. L’87,7% della popolazione (51,6 milioni di persone) nel 2024 risulta connessa a Internet, ma oltre 7 milioni di cittadini sono completamente esclusi, soprattutto tra gli anziani, le periferie, le aree interne e le famiglie a basso reddito. La quasi totalità degli utenti utilizza lo smartphone come dispositivo principale, poco più della metà utilizza anche un pc, ma l’accesso a servizi complessi come SPID o CIE, è ridotta. I giovani trascorrono in media oltre 2 ore e 20 minuti al giorno sui social media, solo il 18% dichiara di utilizzare Internet per attività formative o partecipazione civica: questo scarto tra consumo digitale e uso critico rivela una fragilità strutturale nelle competenze digitali. «L’Italia ha superato il traguardo della digitalizzazione di base – sottolinea l’indagine -. La vera sfida adesso è passare a un utilizzo qualitativo».
Solo il 43% dei cittadini italiani ha interagito con la Pa attraverso servizi digitali nell’ultimo anno
Secondo il Rapporto Eurobarometro 2025, solo il 43% dei cittadini italiani ha interagito con la Pubblica amministrazione attraverso servizi digitali nell’ultimo anno, rispetto a una media Ue del 61%. Questo dato non riflette tanto una mancanza di infrastrutture, quanto una serie di fattori culturali, tecnici e organizzativi che limitano l’uso completo dei servizi digitali, anche quando sono disponibili.
Oltre 36 milioni di cittadini hanno credenziali SPID attive
Negli ultimi anni, l’Italia ha fatto progressi significativi adottando strumenti chiave come lo SPID, la CIE, l’App IO, pagoPA e il Fascicolo Sanitario Elettronico. Secondo AGID (2024), oltre 36 milioni di cittadini hanno credenziali SPID attive, ma il tasso di utilizzo è irregolare: solo il 37% dei titolari utilizza SPID regolarmente per accedere ai servizi della Pa. Una delle criticità principali è la scarsa interoperabilità dei sistemi informativi pubblici. Dal punto di vista degli utenti, il problema principale non è tanto l’accesso, quanto piuttosto l’efficacia percepita dei servizi digitali.








